La popolazione resta troppo poco attrezzata per identificare i “segnali di allarme” che precedono i femminicidi, deplora una commissione che ha esaminato le morti nel contesto della violenza domestica.
“Quando guardiamo retrospettivamente al contesto in cui sono avvenuti questi omicidi, vediamo che si tratta della cronaca di una morte annunciata”, riassume il Diario Manon Monastesse, direttrice generale della Federazione dei centri antiviolenza.
È uno dei membri del Comitato per la revisione della violenza domestica sulla morte dell’ufficio del coroner, lanciato nel 2017.
Il suo terzo rapporto, pubblicato giovedì, presenta 32 raccomandazioni che riguardano sia la protezione dei bambini che le misure per facilitare gli spostamenti, nonché il ruolo degli operatori sanitari.
Manon Monastesse, direttrice generale della Federazione dei centri antiviolenza
Foto d’archivio AGENCE QMI
Esaminiamo 16 eventi che hanno portato a 24 morti, ovvero 14 omicidi e 10 suicidi, alcuni dei quali sono state vittime.
Ad esempio, nella stragrande maggioranza dei casi, “si osserva una perdita di controllo da parte dell’aggressore sulla vittima”, si legge nel rapporto.
“L’elevata frequenza di questo fattore di rischio ci ricorda l’importanza di conoscere e riconoscere il controllo coercitivo in atto nelle dinamiche della violenza domestica”, scrivono gli autori, chiedendo maggiore consapevolezza tra la popolazione.
Separazioni pericolose
Va notato che tre quarti degli eventi studiati “sono avvenuti in un contesto di separazione imminente o recente. In due casi la convivenza è continuata dopo la separazione.
Le donne e i loro cari dovrebbero essere in grado di riconoscere che la situazione sta peggiorando e cercare aiuto, afferma il rapporto.
Per Manon Monastesse il pubblico deve anche essere in grado di identificare le famose “bandiere rosse” in un aggressore. In cima alla lista: violenza fisica, sessuale o psicologica avvenuta in precedenti relazioni.
Inoltre, cinque casi identificati dalla commissione riguardavano aggressori che avevano precedenti penali per violenza domestica. Erano riusciti a nascondere la loro situazione alla loro nuova fiamma o almeno a nascondere loro i dettagli.
Queste informazioni possono però “aiutare le potenziali vittime a prendere decisioni diverse nel corso della loro vita, e ridurre il rischio di esporsi a perdere la propria libertà in una relazione segnata da un controllo coercitivo che porta alle peggiori conseguenze della violenza domestica”, spiega il rapporto.
La commissione invita inoltre il Ministero della Giustizia a facilitare l’accesso ai casellari giudiziari.
Armi da fuoco
Le numerose raccomandazioni si rivolgono a diversi altri enti, come i ministeri della Pubblica Sicurezza e dell’Immigrazione, ma anche gli ordini professionali di medici e infermieri, che sono invitati a formare i propri iscritti per individuare i segnali che una donna sta subendo violenza domestica.
È coinvolto anche il controllore delle armi da fuoco del Quebec, poiché 10 dei 24 decessi sono dovuti a ferite da arma da fuoco.
“In tutti questi casi, dagli atti non emerge alcun indizio di ricorso alle disposizioni che consentono la sottrazione di armi da fuoco a una persona pericolosa per sé o per gli altri”, sottolineano gli autori.
A loro parere, “sarebbe fondamentale far conoscere meglio” l’1-800 731-4000, una linea riservata dove si potrà svelare una situazione preoccupante sull’argomento.
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