Mercoledì ho trovato un bigliettino della mia ragazza sull’isola della cucina, un bigliettino che ho letto nel cuore della notte: So che ieri è stato emozionante per te…
Pubblicato alle 5:00
Il giorno prima, martedì, era l’anniversario della morte di mio padre, scomparso troppo giovane, troppo presto, di cancro.
Una vita fa, ho raccontato la sua morte in La stampauna bella morte, se è possibile una “bella” morte a 53 anni. Ma gli ultimi momenti sono stati bellissimi, non posso negarlo.
A mia volta ho lasciato un bigliettino per la mia ragazza: No amore mio, dopo 24 anni non è mai il calendario a scatenare la mia tristezza…
Mai Natale, mai il suo compleanno, mai la festa del papà, no, la tristezza nasce sempre come il cervo nel boschetto quando sei vicino a colpirlo in una vasca: non te lo aspettavi mai.
Se sento la parola “Fabreville”, se vedo una scena di padre e figlio nel carro armato dopo una partita di hockey, se vedo un vecchio pick-up grigio come il suo: lì, a volte ma non sempre, il ricordo a volte mi prende dalle viscere e poi, sì, a volte, mi si riempiono gli occhi….
Ma martedì?
Mardi, non.
Ogni 19 novembre, però, mi torna in testa il film degli ultimi istanti quando vedo il promemoria sul cellulare, Morte di papà.
Sua moglie che andai a cercare nel cuore della notte su consiglio di mia madre che sentiva che la fine era arrivata, molto vicina (aveva ragione). Mio padre se ne va, circondato da sua moglie, dalla sua ex moglie (mia madre) e dalla sua maggiore (io), dalla tragica bellezza di questo dipinto. Il resto della famiglia che arriva silenziosamente in ospedale, gli abbracci con i miei zii, con le mie zie.
E la poca neve caduta nella notte a Vimont quando ho lasciato l’ospedale.
Mi sono sempre chiesta cosa significasse questa poca neve…
Te lo dico perché cerchiamo i segni quando muore una persona cara. Li cerchiamo quel giorno e li cerchiamo per le migliaia di giorni che seguono.
Come mi racconta sempre il mio amico Pierre di questi segnali che la vita ci manda, citando i Beatles: “Vivere è facile con gli occhi chiusi, fraintendendo tutto ciò che vediamo…”.
Anche il mio amico Pierre ha perso il padre troppo giovane. A volte basta vedere un camion dei pompieri per sentirsi scosso, per sentire la voce di suo padre che gli parla, un padre che era, avete indovinato, un pompiere.
E il primo che ho chiamato quando ho saputo che mio padre sarebbe morto, all’inizio del 2000, è stato Pierre: non conoscevo nessuno che avesse perso il padre troppo presto, come io stavo per perdere il mio. Da allora, la morte dei nostri padri ha scatenato tra noi mille discussioni.
Ci penso: martedì ho cenato con Pierre, una cena rarissima perché non vive più in campagna. È un segno, Pete, che abbiamo cenato insieme martedì?
Dopo la cena con Pierre, sono andata a prendere mio figlio a casa di sua madre mentre ascoltavo una canzone in ripetizione, Questa vitadi Clara Luciani che ha pubblicato un nuovo album. Fin dal giorno prima, lunedì, ero ipnotizzato da questa canzone, la musica più che le parole…
Sono arrivato e ovviamente mio figlio aveva dimenticato la patente, è tornato nell’appartamento a riprenderla, scusandosi con un sorriso smagliante e imbarazzato sotto i baffi flosci.
(Sì, l’erede ha i baffi.)
Abbiamo risalito Saint-Laurent, abbiamo svoltato a sinistra in Laurier, ci siamo persi nell’Outremont, Guardati allo specchio, c’è un ciclista ; a destra sulla Côte-Sainte-Catherine verso l’ospedale Sainte-Justine, a destra sulla Decelles, Rallenta, c’è un’auto che esce dal parcheggioritorno di Van Horne…
Un’ora così, martedì. Mio Dio quelloImparare guidare è cognitivamente stressante, motivo per cui all’inizio siamo così titubanti al volante. Tutto ci sembra terrificante. Ti racconto che non ho avuto tempo di pensare a mio padre…
Fu il giorno dopo che mi colpì: mio padre seduto sul sedile del passeggero, nel 1990, ero al volante del suo pick-up grigio in un parcheggio di Laval che non esiste più, ero così terrorizzato , così titubante.
È uno dei ricordi più vividi che ho di lui.
Allora avevo più o meno l’età di mio figlio oggi.
Segno che martedì sono andato a vederlo guidare?
Lo so, lo so, Pete, posso sentirti da qui: Vivere è facile con gli occhi chiusi…
Ti ho detto che martedì non avevo pensato a mio padre, ma sono sicuro che quel pomeriggio era seduto sul sedile posteriore, a ridere di quanto fosse nervoso suo figlio e di quanto fosse eccitato per questo nipote che non aveva mai conosciuto.
(Sì, mi si sono riempiti gli occhi mentre scrivevo l’ultimo paragrafo.)
Se n’è andato troppo presto perché potessimo davvero fare pace con alcune questioni durante la sua vita. Ma gli anni passavano, anch’io sono diventato papà e ho finito per capire certe cose, forse l’essenziale, ho capito che lui dava il massimo e soprattutto che questa possibilità era già immensa di amare…
E ho finito per dichiarargli la mia pace, unilateralmente.
Oggi, come lui senza dubbio, sto facendo del mio meglio.
Non ci riesco sempre.
Ma mi sforzo sempre molto.
Come lui, come tanti padri.
Vi parlavo della canzone di Clara Luciani, il ritmo che mi ha stregato Questa vita.
In palestra, col fiato sospeso sul montascale – perché bisogna sudare per scacciare un po’ la morte – mi sono soffermato sulle parole di Questa vitami sono detta, se la ascolto a questo punto dovrei andare a leggerli attentamente, il testo… È una canzone d’amore per sua figlia appena nata, Clara parla della sua vita che è “anche meglio” da quando si è imbattuta negli occhi di sua figlia, da come si è subito innamorata dei suoi occhi blu sporchi, da come la vita non è sempre la dolce vita…
Faremo quello che possiamo
Di questa vita
So già che passerà
In un batter d’occhio
Veloce come uno schiocco di dita
Dalla polvere alla polvere
E non mi commuovo nel dirtelo, in questa domenica grigia: chiama tuo padre stamattina, se è ancora lì.
Vedrà la tua chiamata come un segno… Esatto, stava pensando a te.
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