Mercoledì sera, 20 novembre, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha chiesto una scissione nelle attività della filiale del gruppo Alphabet, accusata di aver imposto l'utilizzo predefinito del suo motore di ricerca sugli smartphone Android.
Una sanzione che sarebbe storica per il colosso tecnologico già additato per le sue pratiche anticoncorrenziali. La sera di mercoledì 20 novembre il governo americano ha chiesto ai tribunali di ordinare a Google di vendere il suo browser Chrome. In un atto giudiziario, il Ministero della Giustizia chiede la scissione delle attività della filiale del gruppo Alphabet, vietando inoltre a Google di firmare accordi con i produttori per imporre l'uso predefinito del suo motore di ricerca sugli smartphone.
Chrome, il browser Internet più utilizzato al mondo, è nel mirino perché costituisce un importante punto di accesso al motore di ricerca, minando così le possibilità di potenziali concorrenti. Secondo il sito StatCounter, a settembre Google rappresentava il 90% del mercato globale della ricerca online e addirittura il 94% sugli smartphone. Le dieci settimane di processo hanno messo in luce le cifre da capogiro pagate dalla filiale di Alphabet per garantire l'installazione predefinita di Google Search, in particolare sugli smartphone prodotti da Apple e Samsung.
Le autorità vogliono anche impedire a Google di sfruttare il suo sistema operativo mobile Android per promuovere altri suoi prodotti. Chiedono addirittura che il gigante tecnologico venda Android per non aver proposto sviluppi in questa direzione.
Dopo aver ricevuto mercoledì la richiesta ufficiale dalle autorità, il giudice attende ora le proposte di Google il mese prossimo prima di ascoltare entrambe le parti in un'udienza speciale prevista per aprile. Ma i cambiamenti, se ci saranno, richiederanno senza dubbio anni, e Google ha previsto di ricorrere in appello denunciando l'ipotesi di uno smantellamento come «radicale».
Google è stato giudicato colpevole l'estate scorsa di pratiche illegali volte a stabilire e mantenere il proprio monopolio nella ricerca online da un giudice federale di Washington. Il prossimo passo è ora decidere sulla sanzione da irrogare all'azienda e quindi sulle risposte da dare alla sua posizione dominante.
Tuttavia, questa richiesta segna un profondo cambiamento da parte delle autorità americane garanti della concorrenza, che sostanzialmente hanno lasciato in pace i giganti della tecnologia dopo il loro fallimento nello smantellamento di Microsoft circa venti anni fa.
Il Trump sconosciuto
Ma il caso rischia di finire nelle mani della Corte Suprema – dominata dai repubblicani – e resta sospeso fino all’arrivo al potere di Donald Trump, a gennaio. Il miliardario repubblicano metterà una nuova squadra a capo delle autorità della concorrenza e ha parlato apertamente delle sue intenzioni riguardo al potere dei giganti tecnologici. Ha nominato Brendan Carr, che vuole guidare l'ente regolatore americano delle telecomunicazioni, la FCC, alla guida “smantellare il cartello della censura” imposto secondo lui dai giganti della tecnologia Facebook, Google, Apple e Microsoft. Ma il presidente eletto ritiene anche che lo smantellamento sarebbe eccessivo.
Google si trova ad affrontare un’offensiva legale più ampia per presunte violazioni delle leggi sulla concorrenza sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea. Nel mese di ottobre, un giudice federale della California ha ordinato a Google di autorizzare l'installazione di negozi di applicazioni concorrenti del Google Play Store, decidendo a favore del creatore del gioco online Fortnite, Epic Games.
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