Accettando di diventare primo ministro all'inizio di settembre, Michel Barnier sapeva quale fosse la situazione dei conti pubblici “estremamente serio” e che le discussioni sul bilancio per il 2025 si preannunciavano dolorose. Non poteva immaginare che anche il bilancio 2024, già votato molto tempo fa e per tre quarti eseguito, avrebbe dato luogo ad aspre battaglie, mettendo in luce la fragilità della coalizione che lo sostiene e la molteplicità dei suoi oppositori. Ma questo è quanto ha dimostrato la giornata del 19 novembre, in due episodi in cui il governo si è trovato sotto il fuoco incrociato della sinistra, dell'estrema destra e di alcuni dei suoi sostenitori teorici.
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La più spettacolare: la reiezione da parte dell'Assemblea nazionale del disegno di legge di fine gestione, un testo ritenuto essenziale dal governo per chiudere l'anno senza drammi finanziari. Su 199 elettori a fine serata, solo 53 hanno sostenuto il testo del governo, mentre 146 hanno votato contro. Un grave passo indietro, mentre il governo di minoranza di Elisabeth Borne era riuscito a far adottare ai deputati il testo equivalente entro la fine del 2023.
La palla ora passa al Senato, prima, forse, del ricorso all'articolo 49.3 della Costituzione, che consente l'adozione senza voto ma apre la porta a una mozione di censura, quindi a una caduta dell'esecutivo. “Per questo governo in prestito, la strada diventa sempre più impraticabile”, si è subito rallegrato il deputato (La France Insoumise) Eric Coquerel, presidente della commissione finanze.
Testo eminentemente politico
Sulla carta questo testo non era una bomba a priori. Avrebbe dovuto semplicemente consentire di realizzare alcuni risparmi tardivi per l’esercizio finanziario 2024 e di aprire stanziamenti dell’ultimo minuto ritenuti necessari. Avendo Michel Barnier scelto di non presentare al Parlamento una vera legge finanziaria di modifica, che lo avrebbe autorizzato ad adottare misure fiscali di emergenza, il governo puntava su questo veicolo parlamentare più innocuo per dare il colpo finale al bilancio 2024. si prevedeva di cancellare definitivamente 5,6 miliardi di euro di crediti già votati. Si tratta principalmente di diversi fondi temporaneamente congelati durante l'estate da Gabriel Attal.
Allo stesso tempo sono stati programmati nuovi crediti per 4,2 miliardi di euro per coprire costi aggiuntivi eccezionali. In particolare quelli, ingenti, legati alla sicurezza dei Giochi Olimpici e Paralimpici (1,6 miliardi di euro) nonché alla crisi in Nuova Caledonia (1,1 miliardi di euro). Si trattava anche di pagare i 200 milioni di euro che costerà allo Stato l'organizzazione delle elezioni legislative dopo lo scioglimento deciso da Emmanuel Macron.
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