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(Dis)responsabilità sociale – Lequotidien – Rivista d’informazione generale

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C’è una cosa in cui i senegalesi sono riusciti a fare negli ultimi tre decenni: coltivare l’odio. Abbiamo metodicamente trasformato i nostri “Trente Glorieuses”… in “Trente Misfortunes”. Semina vento e raccoglierai tempesta, parafrasando il detto popolare.

Questo odio, consciamente o inconsciamente mantenuto, solleva le sue tre teste: odio verso l’altro, odio verso noi stessi e odio tra di noi. Un mostro i cui danni all’interno della società sono simili a quelli di un tumore canceroso giunto allo stadio metastatico. L’allarme è serio. Le conseguenze sono già disastrose. Il nostro comune desiderio di vita comune è così cantato da questo campo. Qui sta la convivenza.

Odio fino alla morte e, peggio ancora, fino alla morte. Per così dire, l’odio nella sua espressione più odiosa è lo spettacolo nauseabondo a cui hanno assistito il Senegal e il resto del mondo con il trattamento riservato alla scomparsa dell’ex ministro delle Finanze e del Bilancio, Mamadou Moustapha Bâ. La percezione dell’opinione pubblica, anche dei nostri partner finanziari, è troppo forte per non essere presa in considerazione. Sì, è proprio in questo cosiddetto paese tollerante di credenti che un uomo, un alto funzionario competente, che l’ha amato fino alle lacrime e ha servito fino alle armi da figlio delle truppe, viene gettato al pascolo finché il suo ultimo respiro. Nemmeno l’ultimo della classe merita un simile destino, tanto meno uno dei migliori dirigenti e servitori dello Stato e della Nazione.

Pensavamo che le cose sarebbero finite lì. Anzi! Ciò, infatti, senza tener conto dell’influenza dell’odio su certe menti. I resti dell’illustre defunto? Invece di rispettarlo e onorarlo, non abbiamo trovato di meglio che esporlo a congetture di ogni genere e alle più abiette. La spina è stata spinta troppo lontano.

Diciamolo senza mezzi termini, e con la morte nell’anima: la nostra tanto invidiata società ha toccato il fondo, e difficilmente potrà riprendersi senza lasciare tracce per molto tempo. E del resto c’è da chiedersi se la sua reputazione, raccontata e raccontata con forte autocelebrazione, non fosse sopravvalutata. Pura finzione. Puro inganno. Chi osa ancora parlare di Convivenza in questo Senegal? Una società incapace di proteggere la vita e di rispettare la morte non può promuovere la convivenza. Possa Dio degnarsi, nella Sua Grazia, di accogliere Almamy Moustapha Bâ in Paradiso! E permetti alla sua famiglia e ai suoi amici di ritrovare forza e vigore dopo questa dolorosa prova!

Ma quando è nato davvero questo odio a tre facce? Se, fin dalla notte dei tempi, in ogni essere umano, come nell’angelo e nel diavolo, sono esistiti sentimenti contrari di amore e di odio, l’odio in questione qui trova le sue origini alla fine degli anni di Abdou Diouf. Gli anni di Abdoulaye Wade e Macky Sall sarebbero successivamente serviti come una fabbrica di odio su scala industriale. E la sua intensità non diminuisce agli albori degli anni di Bassirou Diomaye Faye e Ousmane Sonko. Al contrario, questo odio è aumentato. Il sistema e l’antisistema si fondono per formare Hate Matter allo stato grezzo.

Alla crisi educativa sia a livello familiare che scolastico, si è aggiunto il fenomeno delle reti sociali erette a incubatrici, disseminatrici e amplificatrici di un triplice odio: verso se stessi, verso il prossimo e tra di noi.

La realtà non è affatto rassicurante. E nemmeno la prospettiva. Avendo mancato la rivoluzione industriale, la nostra società non è chiaramente preparata agli sconvolgimenti tecnologici attualmente in corso. Quanto più la tecnologia digitale, a priori, ci modernizza, tanto più ci disumanizza. È il regno dell’odio sponsorizzato da una preoccupante (dis)responsabilità sociale.

Peccato se alcune persone si sentono prese di mira. Lo scopo dell’esercizio non è prendere di mira nessuno, ma sfidare ognuno di noi e, quindi, un intero gruppo sociale. Allo stesso tempo, nessuno si creda abbastanza innocente da sottrarsi alle proprie responsabilità nella produzione di massa e nella promozione ingegnosa dell’odio che corrode dall’interno le nostre famiglie, la nostra società e il nostro Paese.

È tempo di fare introspezione di fronte a questa industria dell’odio? Questa domenica, 17 novembre 2024, il popolo senegalese è nuovamente chiamato alle urne. Eleggerà i 165 deputati che parleranno e agiranno in suo nome per i prossimi cinque anni attraverso l’istituzione parlamentare. Questa è una grande opportunità per ogni elettore di mettere in discussione la propria coscienza nel segreto della cabina elettorale. Questa libera scelta consentita dalla democrazia deve essere considerata come lo specchio che ci riflette la nostra stessa immagine. Ognuno affronterà la sua corte interiore.

E se questi “Seamless People” che abbiamo sempre voluto proiettare in faccia al mondo si vendicassero di se stessi? La questione delle elezioni di domani è semplice: si tratterà di votare contro l’odio multiforme. La (dis)responsabilità distruttiva deve essere sostituita da una responsabilità riparatrice e salvifica in uno splendido spirito di co-costruzione.

Non è tardi per voltarsi indietro e ritornare ai fondamenti di tutta la società umana: istruzione e cultura.

Per raggiungere questo obiettivo, comprendere definitivamente che la politica non è un fine, ma un mezzo di trasformazione positiva della comunità.
Mamoudou Ibra KANE

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