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COP29, una cortina di fumo per le ambizioni territoriali dell’Azerbaigian?

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Michelle Langrand (Soluzioni di Ginevra)

Pubblicato l’11 novembre 2024 alle 16:47 / Modificato l’11 novembre 2024 alle 21:06

  • Con l’inizio della COP29 a Baku, un accordo di pace è vicino al raggiungimento tra Armenia e Azerbaigian.

  • Questo accordo potrebbe essere solo parziale, un tema importante è stato rinviato: il “corridoio Zangezur”, una strada che consentirebbe all’Azerbaigian di attraversare il territorio del suo vicino per collegare la sua exclave, Nakhchivan.

  • Gli osservatori sono preoccupati: una volta spente le telecamere e tornati in patria i capi di Stato, il rischio di una nuova escalation militare potrebbe aumentare.

Pochi si aspettano che il vertice delle Nazioni Unite sul clima, iniziato lunedì a Baku, produca risultati concreti, ma alcuni sperano almeno in una cosa: che porti un po’ di pace nella regione. È questa prospettiva che ha permesso anche a Baku di ottenere l’organizzazione della COP29, appena tre mesi dopo aver preso – nel 2023 – il controllo del Nagorno-Karabakh, una regione separatista allora popolata da più di 100.000 armeni. Erevan, devastata da questo fulmineo intervento militare, ha accettato la candidatura del suo rivale solo dopo aver ottenuto uno scambio di prigionieri.

All’alba della COP29, i due paesi si sono mossi verso la conclusione di un accordo di pace che prevede il ripristino delle relazioni diplomatiche, ma molte questioni chiave derivanti dal conflitto trentennale rimangono irrisolte. Gli osservatori temono che l’entusiasmo dei Paesi occidentali attorno a questo accordo possa rivoltarsi contro di loro: il rischio di un’escalation militare potrebbe aumentare una volta spente le telecamere e lasciati i capi di Stato.

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