Il monumento ai caduti franco-svizzeri di Ginevra fu inaugurato un secolo fa, nel 1924, con i nomi di 818 coscritti francesi e 42 volontari svizzeri non tornati dalla Grande Guerra.
Questo 11 novembre 2024, l’associazione “Mémoires”, in stretta collaborazione con il Consolato Generale di Francia, ha inaugurato diverse stele, solennemente attaccate al monumento originale. Portano i nomi di 291 soldati della Grande Guerra, nati a Ginevra o nella regione ginevrina, ritrovati e identificati dall’associazione dopo approfondite ricerche.
Questi uomini, francesi mobilitati o volontari svizzeri, erano assenti per ragioni che ancora sfuggono agli storici del Monumento ai Caduti annesso al Consolato Generale di Francia a Ginevra. In una situazione di relativa emergenza, nel dopoguerra, i portatori di questo omaggio comunitario non hanno ovviamente avuto accesso ai moderni strumenti di ricerca e agli archivi digitalizzati.
“L’associazione “Mémoires” si è posta la missione di ritrovare questi “dimenticati dalla storia”, questi soldati e ufficiali la cui esistenza a cavallo di una frontiera aveva forse confuso chi doveva contarli nel 1924, spiega Nicolas Ducimetière, il suo presidente. Oggi, il pacifico sottobosco di Verdun, le creste dei Vosgi, continuano a rivelare i resti, spesso anonimi, dei caduti in combattimento. Ci sono anche numerosi combattenti, persi negli archivi, in attesa che venga ritrovato il loro nome. Questo tributo nel tempo è dovuto a coloro che hanno sacrificato tutto.
Il lavoro dell’associazione “Mémoires” e dei suoi ricercatori Marion Gros e Thomas Cornaz, permette così di realizzare non una riparazione, ma un gesto di memoria senza precedenti in Svizzera, e anche oltre, che mira a sostituire le vite sottratte dalla la guerra al centro di una memoria a misura d’uomo e in continua evoluzione. Se l’aggiunta di una targa ai piedi dei monumenti locali o la costruzione di nuovi memoriali è una pratica nota, il fatto di portare avanti, nel rispetto della struttura originaria, un’opera di ricordo di tale portata è molto meno comune.
“Erano francesi della Svizzera francese, erano svizzeri e avevano fatto la scelta di impegnarsi con la Francia nella difesa della sua libertà”, ha detto il console generale di Francia Clément Leclerc, durante la cerimonia. Questi nomi sono tante vite spezzate quanto voci che ci parlano attraverso la pietra. Ci dicono che vivere fuori dai confini del proprio Paese non significa rinunciare ad amarlo. Ci raccontano dell’amicizia tra Svizzera e Francia. Ci esortano a cercare instancabilmente la pace”.
“La Svizzera è stata preservata dagli orrori di questo conflitto, questo Der des ders che non ha mantenuto le sue promesse ottimistiche”, ha affermato Christina Kitsos, sindaco di Ginevra. Qui abbiamo avuto solo ripercussioni indirette e abbiamo minato la coesione nazionale. Ma i nostri antenati videro i loro compagni, numerosi, allontanarsi dalle loro famiglie. Coloro che tornarono non tornarono indenni, segnati per sempre nelle loro anime, alcuni mutilati nei loro corpi. Oggi rendiamo loro omaggio”.
“Mémoires” intende continuare la sua ricerca per documentare meglio questi 291 individui. Se è previsto un convegno universitario per riunire specialisti e ricercatori, “Mémoires” intende anche fare appello alla memoria delle famiglie ginevrine, raccogliere tutta la sostanza immateriale di questi percorsi abbattuti all’inizio del secolo scorso e restituirli in un lavoro di qualità nei prossimi anni.
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