Che neghino o riconoscano i fatti, i 50 uomini accusati di aver violentato Gisèle Pelicot, su invito del marito che l’ha drogata con ansiolitici, hanno ciascuno la propria spiegazione, la propria giustificazione. Come Patrick A., che giovedì ha dichiarato di aver agito “con riluttanza”.
Conversazioni crude
Quest’uomo di 60 anni, che si definisce “paffuto”, vestito con una grande maglietta arancione, ammette di avere una vita emotiva “mediocre”. Dopo un matrimonio fallito, cominciò a frequentare “più volte alla settimana” le saune, le aree di sosta autostradali e i retrobottega dei sexy shop della regione di Avignone, per incontri omosessuali furtivi. Da dieci anni navigava anche sul sito di incontri coco.fr (“un covo di predatori”, secondo un’associazione che ne aveva ottenuto la chiusura in giugno dal tribunale) quando ha incontrato, all’inizio del 2018, Dominique Pelicot, con il quale proseguirà il discorso sulla messaggistica Skype.
Gli inquirenti hanno rinvenuto alcuni di questi scambi, in cui Dominique Pelicot mostra chiaramente il colore: “Cerco un complice perverso per abusare di mia moglie, lei prende dei sonniferi e io ne approfitto”. “Va bene”, risponde laconicamente Patrick A.
“Stupro riluttante”
Giovedì, sul banco dei testimoni, il sessantenne ha spiegato di non aver prestato molta attenzione al contenuto di questi messaggi, che non erano più preoccupanti di quelli dei tanti “miti” che frequentano coco.fr. E ripete che gli interessava solo incontrare un uomo. Dice anche di aver eseguito due pompini a Dominique Pelicot, al suo arrivo a casa della coppia a Mazan (Vaucluse), prima che la coppia lo invitasse ad entrare nella camera matrimoniale dove giaceva Gisèle Pelicot, stordita dai sonniferi che suo marito somministratole a sua insaputa: “lo eccitava se lo facessimo accanto a sua moglie”.
Patrick A. è uno dei 14 imputati che hanno ammesso i fatti. Ma ripete di aver seguito solo “con riluttanza” le istruzioni di Dominique Pelicot quando ha toccato sua moglie e lo ha aiutato a violentarla per più di dieci minuti, senza che lei reagisse. “Sei omosessuale ma hai commesso uno stupro eterosessuale, cosa che ammetti! In questo processo abbiamo già avuto degli stupri accidentali, la vostra particolarità è quella di far valere lo stupro con riluttanza”, afferma Me Antoine Camus, uno degli avvocati di Gisèle Pelicot.
“Una specie di gioco”
Interrogato subito, Didier S., 68 anni, ha affermato anche di essere andato da Dominique Pelicot per una relazione omosessuale. E non riconosce l’accusa di stupro contro Gisèle Pelicot, perché il marito gli aveva fatto credere che lei “facesse finta di dormire”. «La colpa non è mia, è tuo marito», dice la sessantenne rivolgendosi alla vittima.
Anche Karim S., 40 anni, bilaureato e poi esperto informatico, contesta l’accusa di stupro: “Non sono andato (a casa loro) con l’obiettivo di commettere un reato e non sapevo assolutamente che Madame ( Pelicot) non era consenziente”, spiega a bassa voce. Certo, era stato informato da Dominique Pelicot che la moglie sarebbe stata “addormentata dal consumo di alcol e di sonniferi”: ma “ero convinto che fossero complici di una sorta di gioco. Questo mi era chiaro “Non poteva non saperlo.” “In effetti, avrei dovuto scavare più a fondo e almeno parlare con Madame (Pelicot)”, concorda. Se sostiene di essere uscito “precipitosamente”, due video mostrati in udienza mostrano che aveva effettuato diverse penetrazioni su Gisèle Pelicot, nonostante lei russasse e la sua totale mancanza di reazione, prima di andarsene dopo un quarto d’ora circa.
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(afp)
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