Ricordate le parole di Francesco in Belgio.
Andrea Tornielli – Vatican City
Durante i suoi viaggi, Papa Francesco si lascia interpellare e ferire dalla realtà che incontra: non tutto si può preparare in anticipo. È stato così nel suo viaggio in Lussemburgo e Belgio, conclusosi domenica 29 settembre. Di fronte al re dei Belgi e al primo ministro che, con toni diversi, hanno sollevato il dramma degli abusi sui minori che pesava e pesa sulla vita di Considerando la Chiesa nel Paese e le sue gerarchie, il Vescovo di Roma ha detto chiaramente che un caso di bambino abusato dal clero è un caso di troppo. Distogliendo lo sguardo dal testo preparato, ha accennato al “Santi Innocenti», le vittime del re Erode, per parlare di quanto accade ancora oggi. Non era la prima volta che il Papa faceva questo paragone: nel febbraio 2019, concludendo il vertice sugli abusi che aveva convocato in Vaticano, aveva citato Erode e la strage dei bambini, e aveva aggiunto, con parole improvvisate, che dietro gli abusi sui minori”mente Satana».
Nell’omelia della messa celebrata allo stadio Re Baldovino, Francesco ha voluto aggiungere paragrafi chiari e forti, e lo ha fatto dopo essere rimasto profondamente toccato dall’incontro con le vittime degli abusi di due giorni prima, un incontro drammatico e commovente durato più di due ore presso la nunziatura apostolica a Bruxelles. Il Papa è tornatocon cuore e mente» sulle loro storie e sulle loro sofferenze, per ricordarci che nella Chiesa non c’è posto per gli abusi o per la copertura degli abusi. Lo ha dichiarato malvagionon dovrebbe essere nascosto» ma che va rivelato allo scoperto con coraggio e che l’abusante va giudicato, sia che sia «laico, sacerdote o vescovo».
C’è un altro aspetto importante su cui soffermarsi nelle parole di Francesco. Sia al palazzo reale belga che durante la tradizionale conferenza stampa sul volo di ritorno, il Papa ha citato le statistiche secondo cui la maggior parte degli abusi avviene in famiglia, a scuola o nel mondo dello sport. D’altra parte, non era la prima volta che lo faceva. Ma questa volta, con inaudita lucidità, ha voluto togliere ogni alibi all’uso egoistico di queste figure da parte di chi vorrebbe difendersi enfatizzando le responsabilità altrui e minimizzandole. È vero che la Chiesa ha intrapreso, negli ultimi 25 anni, un percorso che ha portato a leggi di emergenza molto dure contro questo fenomeno. Ma è anche vero che l’abuso nella Chiesa è una cosa terribile, che comincia sempre con l’abuso di potere e la manipolazione degli indifesi. È il caso delle famiglie che avevano affidato i propri figli alla Chiesa perché fossero educati nella fede, credendoli salvi, li hanno visti ritornare mortalmente feriti nel corpo e nello spirito. Ecco perché non può esserci strumentalizzazione della statistica, quasi cercando di minimizzare qualcosa che non può e non deve in alcun modo essere minimizzato, ma combattuto e debellato con tutta la determinazione possibile. Perché è un crimine qualeuccide l’anima», come ha detto mons. Charles Scicluna.
Per questo il Successore di Pietro, che sulla scia dei suoi due predecessori ha promulgato numerose leggi molto severe per arginare il fenomeno, ha affermato che un solo caso di abuso sui minori nella Chiesa è un caso di troppo. . E ha indicato a tutta la Chiesa che l’atteggiamento più opportuno è vergognarsi, avere umiltà e chiedere perdono. Era lo stesso atteggiamento penitenziale proposto da Benedetto XVI – che fu frainteso – quando affermò che il più grande nemico della Chiesa non è quello esterno, ma è al contrario il peccato interno. L’umiltà e la richiesta di perdono sono due atteggiamenti profondamente cristiani: ci ricordano che la comunità ecclesiale è fatta di peccatori perdonati e che l’abuso al suo interno è una ferita che riguarda tutti noi.
*Direttore editoriale di Vatican Media
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