Il presidente senegalese, eletto con la promessa di ripristinare la sovranità del suo Paese, ha assicurato che non si tratta di un atto di ristabilimento “rottura” e ha difeso un”partnership rinnovata” con l’ex potenza coloniale. Ha colto l’occasione per salutare il”grande passo” compiuto dal presidente Macron che aveva riconosciuto, poche ore prima, il 28 novembre, in una lettera che le forze coloniali francesi avevano commesso un “massacro” a Thiaroye, vicino a Dakar, il 1° dicembre 1944. Quel giorno, diverse decine, addirittura diverse centinaia di fucilieri senegalesi, la maggior parte dei quali avevano combattuto i tedeschi su diversi fronti, furono radunati nel campo militare di Thiaroye e furono uccisi dalle forze coloniali francesi e dalla polizia mentre che chiedevano il pagamento dei loro arretrati salariali e vari bonus e indennità di combattimento.
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Questa domenica sono previsti tributi a Thiaroye, per celebrare l’80° anniversario di questo massacro. Il presidente senegalese ha invitato per l’occasione alcuni di questi omologhi africani.
Fino ad ora Parigi ha mantenuto una forza di 350 soldati in Senegal. Jean-Marie Bockel, “inviato personale” di Emmanuel Macron per la riconfigurazione del sistema militare francese in Africa, ha raccomandato di ridurre questo numero a un centinaio. Inaccettabile per il presidente senegalese che, senza fornire finora una data per la partenza completa di questi soldati, ha spiegato che la Francia non accetta una presenza militare straniera sul suo territorio e che non vi è quindi alcun motivo perché il Senegal lo accetti. Un po’ più in là, ha anche tracciato un parallelo con la cooperazione militare che il suo Paese mantiene con gli Stati Uniti, la Cina o la Turchia senza la presenza di soldati di questi paesi in Senegal.
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Poco dopo questa prima doccia fredda, Parigi è stata nuovamente inondata dal continente, questa volta in Ciad. Poco dopo la partenza del ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot, il suo omologo ciadiano Abderaman Koulamalla ha rilasciato una dichiarazione notturna in cui annunciava la risoluzione degli accordi di difesa con la Francia. UN “decisione attentamente ponderata” secondo il ministro che ha insistito sul fatto che non vi era alcun legame tra la visita e questa decisione, annunciata nell’anniversario della proclamazione della Repubblica del Ciad, il 28 novembre 1958.
Gli ambienti diplomatici francesi hanno fatto ben poco per nascondere la loro sorpresa, se non addirittura il loro sgomento, questo venerdì. Con questo divorzio, la Francia perde il suo ultimo alleato nella regione del Sahel, dopo le successive rotture con Mali, Burkina Faso e Niger, tre paesi scossi da colpi di stato, dall’insediamento di giunte militari al potere e da un significativo riavvicinamento con Mosca.
Il “divorzio” ciadiano non segue la stessa logica, N’Djamena ha infatti assicurato che “Questa decisione non mette in alcun modo in discussione le relazioni storiche e i legami di amicizia tra le due nazioni. e lascia la porta aperta a “un dialogo costruttivo per esplorare nuove forme di partenariato”.
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Doppio montante
Resta comunque vero che questi due annunci indeboliscono ulteriormente il peso della Francia in Africa e più in particolare in quello che fino a poco tempo fa veniva presentato come territorio francese in questo continente. “Macron ha svenduto in pochi anni la presenza francese in Africa”spiega un diplomatico africano. Per lui”il presidente francese non aveva scelta. La Francia è stata un caso unico in Africa. L’unico ex colonizzatore ad essere ancora militarmente presente nelle sue ex colonie. Ciò non era più sostenibile e fa comodo ad alcune nazioni che hanno soffiato sulla brace che Parigi avrebbe dovuto spegnere molto tempo fa sviluppando un nuovo approccio.”
Tutti gli osservatori hanno ormai lo sguardo rivolto alla Russia… questo paese che “soffia sulla brace” e che non ha nascosto contatti con le autorità di questi due paesi anche se queste sembrano per il momento voler evitare qualsiasi rapporto troppo privilegiato con un nuovo partner.