Francia: Marine Le Pen rischia il carcere e l’ineleggibilità

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Francia: Marine Le Pen rischia il carcere e l’ineleggibilità
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Giustizia in Francia

Marine Le Pen rischia il carcere e l’ineleggibilità per 5 anni

La sentenza potrebbe impedire al leader del Raggruppamento Nazionale di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2027.

Pubblicato oggi alle 10:09

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Lei è stata al “centro” di un “sistema organizzato” volto a fare del Parlamento europeo una “vacca da mungere”: mercoledì a Parigi la procura ha chiesto cinque anni di carcere, di cui due anni di reclusione modificabili e cinque anni di reclusione ineleggibilità nei confronti di Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese, che minaccia le sue ambizioni presidenziali per il 2027.

La pena detentiva richiesta è flessibile, il che significa che il leader del Raggruppamento Nazionale (RN) non andrebbe necessariamente in prigione.

Ma potrebbe impedirgli di candidarsi alle presidenziali del 2027: la procura ha infatti chiesto che la pena di ineleggibilità sia accompagnata dall’esecuzione provvisoria, vale a dire che si applichi immediatamente, anche se indetta.

“La legge vale per tutti”

Una sentenza del genere “vieterebbe agli imputati di candidarsi alle future elezioni locali o nazionali”, ha affermato il procuratore Nicolas Barret davanti al tre volte candidato presidenziale seduto in prima fila tra i 24 imputati – dirigenti di partito, ex deputati ed ex parlamentari assistenti.

Ma “siamo qui in un forum giudiziario e la legge vale per tutti”, la giustizia non può essere responsabile delle “ambizioni” politiche di ciascuno.

“Penso che la volontà della Procura sia quella di privare i francesi della possibilità di votare per chi vogliono” e di “rovinare il partito”, ha reagito Marine Le Pen ai giornalisti uscendo dalla platea, mentre una multa di 300.000 euro Nei suoi confronti è stata chiesta una multa di 4,3 milioni di euro, di cui 2 milioni di euro fermi, per il suo partito.

Bardella e Chenu denunciano

“L’accusa non è nella giustizia, è nell’implacabilità e nella vendetta contro Marine Le Pen. Le sue scandalose requisizioni mirano a privare milioni di francesi del loro voto nel 2027. È un attacco alla democrazia», ha denunciato su X il presidente della RN, Jordan Bardella.

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Il vicepresidente della RN Sébastien Chenu ha denunciato giovedì “un’accusa che svolge una missione politica” all’indomani delle requisizioni contro Marine Le Pen che includevano la richiesta di una pena di cinque anni di ineleggibilità, un modo secondo lui di “portarla fuori dal il gioco politico” per le elezioni presidenziali del 2027.

“In quale paese vivremmo se alla principale donna politica, la donna più popolare nei sondaggi, Marine Le Pen, (…) non potesse candidarsi?”, ha criticato Sébastien Chenu su RMC-BFMTV.

Un “sistema organizzato”

Mercoledì la procura ha descritto nell’atto di accusa un “sistema organizzato” di appropriazione indebita di fondi pubblici a danno del Parlamento europeo, con “contratti artificiali” di assistenti parlamentari per “risparmiare” soldi per il partito.

“Non siamo qui oggi per accanimento”, né per una denuncia “del Parlamento europeo”, ma al termine di “una lunga indagine giudiziaria”, ha dichiarato in apertura di rinvio a giudizio uno dei due rappresentanti di l’accusa, Louise Neyton.

A loro volta, nel corso dei loro accertamenti, i due pubblici ministeri hanno illustrato l’architettura di un “sistema” che, secondo loro, è stato messo in atto al Fronte Nazionale (oggi Raduno Nazionale) tra il 2004 e il 2016, consistente nell’assunzione di assistenti “fittizi” europei parlamentari che effettivamente lavoravano per il partito.

“Prova standard”

Il Parlamento europeo fa solo “controlli contabili”, per il resto “si fida” dei deputati nell’utilizzo dei loro 21mila euro mensili: “Allora è troppo allettante, queste buste appariranno come una manna e saranno usate come tali, “, ha insistito il magistrato.

E questo “sistema”, si legge nell’accusa, si “rafforza” con l’arrivo, nel 2011, di Marine Le Pen alla guida del partito, con un dipendente incaricato della gestione dei contratti europei, che risponde “solo” al presidente, il “datore di ordini”.

Nel 2014, dopo l’elezione di una ventina di deputati del FN, il tesoriere del partito, Wallerand de Saint-Just, scriveva: “Ne usciremo solo se realizzeremo risparmi significativi grazie al Parlamento europeo”, ha ricordato il procuratore.

E per non parlare delle mail che parlano di “accordi finanziari”, di “trasferimenti” da un determinato assistente “a” un determinato deputato a seconda della disponibilità delle buste.

Di fronte alla “finzione alternativa” proposta dalla difesa, i pubblici ministeri entrano poi a lungo nei dettagli del caso. Difesi per imputato e contratto per contratto, analizzano ciascuno “la natura del lavoro” svolto dai 12 assistenti parlamentari, il “legame di subordinazione” che mantengono con il “loro deputato europeo” – nove dei quali Marine Le Pen sono giudicato complessivamente per malversazione di fondi pubblici.

Con un’osservazione generale. Come prova del lavoro “non c’è nulla”, tranne “la famosa prova standard: la rassegna stampa”. Contratti di lavoro? “Artificiale”, senza “coerenza” – “siamo molto contenti con qualcuno ma ci separiamo da lui, poi lo riprendiamo”, commenta Nicolas Barret.

“Dichiarazioni a geometria variabile”, o anche “qualsiasi cosa”, riassume Louise Neyton.

Il Parlamento europeo ha stimato il danno finanziario in 4,5 milioni di euro, ma ne ha reclamati solo 3,4 milioni (una parte è stata rimborsata).

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