Dalle cadute di massi alle valanghe di ghiaccio, i cambiamenti climatici stanno intensificando i pericoli naturali nella regione alpina. Lo conferma una meta-analisi del WSL Institute e dell’ETH di Zurigo basata su oltre 300 lavori scientifici degli ultimi tre decenni.
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31 ottobre 2024 – 11:21
(Keystone-ATS) Negli ultimi decenni nelle regioni di alta montagna le cadute di massi sono aumentate. Il permafrost si sta sciogliendo e i ghiacciai si stanno ritirando, il che indebolisce le rocce e favorisce il distacco di pietre e ammassi rocciosi, ha riferito giovedì l’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF) del WSL.
Lo studio mostra che il numero di forti precipitazioni che potrebbero provocare colate di fango è aumentato notevolmente. C’è più attività al di sopra del limite degli alberi e in aree che prima non erano interessate.
Lì, il ritiro dei ghiacciai e l’aumento delle cadute di massi forniscono più materiali sciolti che le precipitazioni possono mettere in movimento.
Valanghe di ghiaccio di grandi dimensioni
L’attività valanghiva diminuisce a bassa quota, perché le quantità di neve sono minori, mentre aumenta leggermente in alta quota, spiegano gli autori, guidati da Samuel Weber, esperto di permafrost dell’SLF, e Mylène Jacquemart, glaciologa del WSL Politecnico federale di Zurigo.
La scomparsa dei ghiacciai porta anche a un minor numero di valanghe di ghiaccio, ma le osservazioni regionali indicherebbero che le grandi valanghe di ghiaccio sono diventate più frequenti dall’inizio del millennio.
Se il riscaldamento continua, le valanghe di neve e ghiaccio diventeranno più rare entro la fine del 21° secolo, prevedono gli scienziati. Allo stesso tempo, il permafrost continua a riscaldarsi, anche ad alta quota. Si presuppone quindi una maggiore frequenza di cadute massi, colate detritiche e frane.
Anche scienziati provenienti da Ginevra, Berna, Francia, Austria e Italia hanno contribuito a questo lavoro pubblicato sulla rivista Earth-Science Reviews.