POLITICA – I Galli refrattari. Siamo nell’ottobre dell’era Michel Barnier a Matignon. L’intera sfera politica sembra pronta ad aumentare le tasse sulle famiglie più ricche e sulle imprese più redditizie, per risanare le finanze pubbliche. Tutta la sfera politica? NO. Resiste ancora una cappella popolata da macronisti irriducibili.
Gérald Darmanin e Gabriel Attal esercitano pressioni su Michel Barnier sul bilancio
Gérald Darmanin e Gabriel Attal sono le punte di diamante di questi eletti” pastoucheaufisx. » L’ex ministro dell’Interno ha criticato nuovamente domenica il “ cioccolato fiscale » preparato dal capo del governo, che rischia « uccidere la crescita » francese. Il terzo avvertimento di questo tipo, da metà settembre, all’attenzione di Michel Barnier.
Sicuramente meno radicale nelle sue dichiarazioni, Gabriel Attal sembra trovarsi nella stessa posizione. Ospite delle 20 su TF1, domenica sera, l’ex inquilino di Matignon ha esortato il suo successore a preferire misure salvifiche per non “ sovraccaricando la barca fiscale. » Problema per i due: la loro linea, sostenuta da alcuni stormi macronisti, è lungi dall’essere maggioritaria all’interno del loro stesso campo.
Il campo presidenziale (e i suoi sostenitori) dicono di sì
In realtà, dietro queste critiche, l’opposizione all’aumento delle tasse tende a inaridirsi. Incluso nel “ base comune » che sostiene Michel Barnier. Dopo i repubblicani, i macronisti del governo hanno subito giustificato questa rottura con la pericolosa situazione di bilancio. Sono responsabili anche due ex deputati del Rinascimento, Antoine Armand all’Economia e Laurent Saint-Martin ai Conti pubblici.
Adesso anche il partito di Edouard Philippe (anche se solitamente non si muove sulla tassazione dei più ricchi) dà il via libera. “ Non ho alcun problema con chi guadagna molto in casi specifici contribuendo in via eccezionale, questo vale sia per le famiglie che per le imprese”ha assicurato ad esempio venerdì Laurent Marcangeli, presidente del gruppo Orizzonti, all’Assemblea nazionale. Una domanda” della giustizia fiscale e politica »secondo lui.
Nello stesso spirito, Yaël Braun-Pivet evoca da parte sua un “ buona pista ». « Chiedere uno sforzo provvisorio e temporaneo a qualcuno che è più fortunato non mi sembra aberranteha indicato il presidente dell’Assemblea nazionale, domenica a BFMTV, finché non ha l’effetto di fermare la crescita. »
In effetti, la linea anti-aumento sostenuta da Gérald Darmanin e Gabriel Attal è oggi in minoranza nella sfera politica. Ancor più significativo, è significativo anche tra i simpatizzanti del loro campo. Secondo un sondaggio Ifop condotto all’inizio di ottobre, gli elettori vicini al Rinascimento sono ampiamente favorevoli ad un aumento della tassazione sulle imprese (85%) e sulle famiglie (82%). Come la maggior parte dei francesi, tutte le tendenze politiche si combinavano.
Guardiani del tempio
Come spiegare allora l’offensiva un po’ solitaria dei due uomini forti del partito presidenziale? In sostanza, Gérald Darmanin e Gabriel Attal vogliono essere custodi del tempio della strategia del “ l’offerta » al lavoro da quando Emmanuel Macron è salito al potere. Un metodo che si basa su tagli fiscali generalizzati e conta su un “ deflusso » dai più abbienti ai più precari.
« La strategia economica del governo (Barnier) sembra contraria a quella che abbiamo portato avanti con successo per sette anni”ha deplorato ulteriormente l’ex ministro dell’Interno (e dei Conti pubblici), Domenica in Gli Echiaggiungendo : “In patria, a Tourcoing, il tasso di disoccupazione è sceso dal 18% all’11%, dando lavoro e dignità a migliaia di lavoratori. Questa non è una coincidenza. »
Nonostante il violento calo del deficit e la spirale del debito, il campo presidenziale si aggrappa infatti ad alcuni dati positivi, come il calo della disoccupazione o il tasso di crescita, per vantarsi dei propri risultati. Un modo anche per rispondere a Michel Barnier, che in ogni occasione sottolinea l’eredità macronista in materia di bilancio, evocando le finanze pubbliche sull’orlo del baratro.
In questo contesto, è difficile per Gérald Darmanin e Gabriel Attal (entrambi lavoratori a Bercy e al Ministero dei Conti Pubblici) sostenere senza batter ciglio un progetto governativo che rompe con i loro stessi dogmi. Ciò equivarrebbe a riconoscere gli errori, se non un fallimento, e dare il punto al nuovo Primo Ministro, che li ha presi ben poco in considerazione dalla sua nomina. I due ambiziosi ex ministri preferiscono per il momento sostenere il primato del capo dello Stato. Un atteggiamento che potrebbe tornargli utile in futuro.
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