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The Cure e gli altri: il primo grido del post-punk (1978-1980): puntata 1/4 del podcast The Cure, nascita del post-punk

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Se avete ascoltato attentamente questa canzone fino alla fine, forse avrete drizzato le orecchie quando avete sentito il giovanissimo Robert Smith, cantante, chitarrista e paroliere del gruppo The Cure, allora diciannovenne, pronunciare una parola in francese in una voce bassa ma comprensibile: «Oh, Meursault». Meursault, non come l’ottimo vino di Borgogna ma, ovviamente, come Meursault, l’antieroe del celebre romanzo di Albert Camus, Lo straniero. Un libro in cui molti lettori adolescenti riconobbero il riflesso del loro disagio e il giovane Robert Smith era ovviamente uno di questi. “Guardo il mare, guardo la sabbia, mi guardo negli occhi del morto disteso sulla spiaggia, sono vivo, sono morto, sono lo straniero che uccide un arabo”. Una precisa allusione all’omicidio gratuito, commesso senza la minima ragione da Meursault, quest’uomo estraneo a se stesso, che conosciamo in una lunga confessione in prima persona che costituisce la materia del libro Lo straniero. «Uccidere un arabo»uccidono un arabo, ovviamente ci sono degli idioti o dei malintenzionati che potrebbero aver preso la cosa alla lettera, per i motivi più disparati, che li tengono d’occhio. Tanto che Smith alla fine ha ammesso che avrebbe dovuto intitolare questa canzone «Lo straniero» O «Guardando il mare»e in questo modo non avrebbe avuto tutti i problemi che questa canzone ha causato. In ogni caso, è stato il primo grido di un gruppo chiamato The Cure, originario di una piccola cittadina inglese chiamata Crawley, subito a sud di Londra, a circa 45 minuti di treno dalla capitale, in direzione Brighton.

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«Uccidere un arabo»lo ricordo con precisione, è un 45 giri che comprai d’importazione, come dicevano, in un negozio di dischi di Parigi, nel quartiere dell’Odéon, che si chiamava Music Box, l’antenato di New Rose. Una copertina in bianco e nero, oscura e misteriosa, questo è ciò che mi ha attratto. C’era l’immagine ingrandita di due occhi con le pupille completamente bianche, sotto sopracciglia folte. Sembrava il fotogramma di un vecchio film dell’orrore La notte del cacciatore. Il retro era uno sfondo nero sul quale abbiamo scoperto una piccola foto, posta obliquamente, che mostrava la sagoma scura di un giovane di spalle che girava la testa, rivolto verso una porta bianca. Una foto che sembrava scattata attraverso lo spioncino di una porta bianca e che era, senza dubbio, quella di Robert Smith, di cui nessuno conosceva il volto tranne le persone a lui vicine. L’avete sentito, il suono dei Cure, un semplice trio di chitarra, basso e batteria, è ancora minimale, come se fosse scarno. Nel tema della canzone, lugubre e inquietante, c’è qualcosa che ricorda « Osservando i detective » di Elvis Costello, allora astro nascente, che cavalcava l’onda punk senza identificarsi realmente con essa. E in queste strisce di chitarra, il piccolo motivo orientale, troviamo il lato spigoloso di un gruppo come gli XTC. Entrambi molto più conosciuti alla fine del 1978 dei Cure, allora un piccolo gruppo tra pochi altri, che faceva parte di un certo movimento, come vi dicevo, minimalista, musica dal suono volutamente scheletrico e con suoni austeri e regolari. , come abbiamo visto e sentito, temi inquietanti.

Onestamente, ne sono rimasto molto sedotto «Uccidere un arabo»questo suono, questa voce, queste parole ma allo stesso modo di altre produzioni dell’epoca nella stessa luce particolare, grigia e pallida. Non immaginavo che questo gruppo, in particolare, sarebbe arrivato particolarmente lontano. Onestamente. Credevo molto di più nei Joy Division, ne riparlerò, oppure negli U2. Non avevo torto, è vero, ma avevo ragione solo in parte. I Cure sono andati molto, molto lontano, ben oltre ciò che immaginavo, e sono stati la fonte di un intero movimento a sé stante. Ciò è stato particolarmente evidente, su larga scala, negli anni ’90 e soprattutto negli Stati Uniti. Penso in particolare agli Smashing Pumpkins. Quindi, in poche parole, per finire, perché questo particolare riflettore puntato sui Cure questa sera e per tutta la settimana, del resto? Ebbene perché i Cure si preparano a far uscire il primo novembre, cioè venerdì prossimo, un nuovo album di canzoni inedite, annunciato da anni, Songs of a Lost World. Il suo primo in sedici anni, se escludiamo una performance dal vivo e un album di remix. Scopriremo questa potente registrazione in una trasmissione speciale lunedì 4 novembre.

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Prima di concentrarci specificatamente sui Cure, ho pensato che fosse una buona idea farvi ascoltare altre produzioni, completamente dimenticate ma promettenti, all’epoca, come il primo 45 giri dei Cure. Produzioni specifiche di questo periodo cruciale, quello dell’Inghilterra negli anni 1978, 1979, 1980, a volte un po’ oltre. Il panorama musicale di quegli anni, sull’onda della rivoluzione punk, era scosso da un terremoto e stava cambiando visibilmente. C’erano altri gruppi che mi sembravano, a volte a torto, molto promettenti. Come questo, ad esempio, che veniva da Sheffield, cioè il nord dell’Inghilterra, e si chiamava Comsat Angels. Ha pubblicato il suo primo album, In attesa di un miracolonel settembre 1980, due mesi dopo Più vicino di Joy Division. E, dopo aver sentito questo titolo, un classico, ” Giorno dell’Indipendenza “, Mi aspettavo molto.

Per saperne di più ascolta lo spettacolo…

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Playlist:

La cura – Album «Killing an Arab» «Staring at the Sea»
Gli Angeli Comsat – Album «Independence Day» «Waiting for a Miracle»
Siouxsie e le Banshee -Album «Hong Kong Garden» «The Scream»
Cicatrici – « Lasciami in autunno » album « Autore! Autore! »
Dipartimento S – «C’è Vic? » album Artistes divers « Demon – The Singles Collection »
Le Passioni – « Sono innamorato di una star del cinema tedesco » album « Trentamila piedi sulla Cina »
Gli Associati – Album « The Affectionate Punch » « The Affectionate Punch (rimasterizzazione 2016) »
Amanti tristi e giganti – “Cose che non abbiamo mai fatto” album “Epic Garden Music”
Filo – « Avrei dovuto saperlo meglio » album « 154 » (versione rimasterizzata del 2006)
Il suono – “I Can’t Escape Myself” album “Jeopardy”
Divisione Gioia – Album «digitale» «The Best of Joy Division»

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