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il nuovo stile di Yodelice e una ristampa di Tom Petty

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In programma questa settimana, la svolta elettropop di Maxim Nucci e un album sottovalutato degli Heartbreakers.

Yodelice, Qual è la cura

Dopo aver prestato a lungo i suoi vari talenti (chitarrista, compositore, produttore) ad artisti del calibro di Johnny Hallyday, Maxim Nucci ha riattivato il suo progetto Yodelice con un superbo album acustico una manciata di anni fa. Passato ingiustamente inosservato, Il Cerchio fu, tuttavia, un disco profondamente originale e personale, a mille miglia dalle autostrade della produzione musicale. La grande forza del quarantenne è infatti quella di produrre assolutamente la musica che vuole, senza vincoli né obblighi. Un grande lusso di questi tempi. Oggi, Qual è la cura si concentra su un altro stile musicale. Sperimentando con le macchine (drum machine, sintetizzatori…) e anche con la sua buona vecchia chitarra (una Stratocaster serie L per intenditori), Yodelice si allontana definitivamente dal folk con accenti anni Settanta che ha decretato il suo successo ormai quindici anni fa. Lungo il percorso, ha inventato uno stile leggermente mutevole tra blues e new wave. Se la voce a volte ha accenti di Dave Gahan (Depeche Mode) o Paul Banks (Interpol), le composizioni sono infatti opera originale di Yodelice. I climi sono cupi, pesanti e opprimenti, la voce assertiva e i suoni attenti. Ancor prima che l’album fosse pubblicato, Yodelice ha eseguito le sue canzoni sul palco, sorprendendo il suo pubblico con queste nuove inflessioni. Una grande prova di indipendenza.

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Tom Petty e i rubacuori, Molto dopo il tramonto

La Francia ha mancato un po’ Tom Petty. Celebrato nel suo paese natale, gli Stati Uniti, come cantautore di altissimo livello, l’uomo ha intrapreso una carriera ammirevole dal suo primo album, nel 1976, fino alla sua prematura scomparsa, nel 2017. Da questa parte dell’Atlantico, non abbiamo mai veramente ne ha misurato l’impatto, non lontano da figure come Springsteen o Neil Young. Forse perché si è esibito a Parigi solo due volte in vent’anni. Dalla sua morte, non possiamo più contare gli album live e gli archivi molto attenti che sono emersi. È il turno di Molto dopo il tramonto, riferimento del 1982, per beneficiare del trattamento deluxe. L’album occupa comunque uno strano posto nella discografia dell’uomo. Equidistante tra i due classici che sono Accidenti ai siluri (1979) et Febbre della luna piena (1989), Molto dopo il tramonto è l’ultimo LP del gruppo prodotto da Jimmy Iovine. Segna l’arrivo del bassista Howie Epstein, che impreziosirà i titoli con superbe armonie vocali. I brani sono forti, alcuni sono passati spesso alla radio, ma mancano di quell’anima in più che fa grandi album. Questa nuova versione beneficia di una dozzina di brani inediti che fanno salire il punteggio di questo disco.

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