In programma questa settimana, il grande album di uno straordinario americano e il cinquantesimo anniversario di un classico del pop francese.
Padre John Misty, Mahashmashana
È già il sesto album di Josh Tilman sotto l'intrigante pseudonimo di Father John Misty, e questo è una meraviglia, probabilmente il miglior disco mai registrato da questo inclassificabile americano. Fin dalla traccia d'apertura, Mahasmashana, che dà il titolo all'album, rimaniamo colpiti da questo pop panoramico e inflazionato. Ci vuole una buona dose di audacia per pubblicare, nel 2024, un album così controcorrente. Un disco complesso, denso, ricco di arrangiamenti per archi e pieno di brani della durata media di sei minuti. Questo è tutto ciò che non dovresti fare nell'era delle piattaforme di streaming e dei loro assurdi diktat. Ma ecco quanto è grande padre John Misty. In questi ampi brani che devono tanto al suo maestro Harry Nilsson quanto a Gainsbourg d'Storia di Melody Nelson con gli accenti lisergici dei Primal Scream dei tempi d'oro. Una raccolta di canzoni epiche, con testi tanto oscuri quanto luminose le sue orchestrazioni, sassofono compreso. Con questa raccolta il quarantenne afferma ulteriormente una singolarità che avevamo già avvertito nei suoi saggi precedenti. Quest'uomo ha i mezzi per realizzare la sua ambizione, una scrittura mozzafiato e una voce sempre più virtuosa. Non sentirete nessun disco che assomigli anche lontanamente a questo nella produzione attuale, il che lo rende un oggetto assolutamente essenziale.
Christophe, Parole blu, cinquantesimo anniversario
L'anno 2024 segna il cinquantesimo anniversario di numerosi capolavori pop internazionali che sarebbe troppo lungo elencare qui. Questa produzione francese merita pienamente di unirsi ai suoi colleghi anglosassoni. Qui tocchiamo il meglio della produzione francese dell'epoca. Un anno dopo Les paradis perdus, prima parte della collaborazione tra Christophe e Jean-Michel Jarre (qui in qualità di paroliere), i due ne hanno dato un seguito sotto la guida di Francis Dreyfus, un grande avventuriero della produzione musicale francese. La title track diventerà un classico in tutte le salse (gustoso alla Bashung) e l'album, vagamente concettuale, un faro nella disomogenea discografia del suo autore. Melodicamente, il compositore di Aline è qui all'apice della sua ispirazione, che flirta con il rock progressivo L'ultimo dei Bevilacqua, centrotavola con sfumature autobiografiche. I musicisti di punta, l'eccezionale registrazione del suono (studios Ferber) e il livello generale elevano questo album ben al di sopra dei suoi contemporanei francofoni. L'anniversario di questo classico invecchiato benissimo è l'occasione per ascoltare le versioni strumentali dei suoi titoli (molto pratiche per esercitarsi con il karaoke a casa) e un DVD che copre gli archivi del cantante dal 1965 al 1991, e poco più. Il libretto è anemico, i bonus un po' scarsi ma la musica resta brillante.
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