Sono assolutamente affascinato dalla quantità di buoni album metal che mi passano sotto il naso. Le raccomandazioni ininterrotte di un Bandcamp seguito quotidianamente nutrono un ambiente musicale impossibile da seguire. Troppe buone etichette mettono sul mercato troppa musica degna almeno di meritato interesse. Sembra però difficile individuare le ragioni che contribuiscono a tanto successo senza cadere nella pura proiezione, con la sua quota di immagini di Epinal. Il metallaro sarebbe quindi questo stacanovista solitario, perdutamente innamorato della sua chitarra o della sua batteria, che si allena dalla sera alla mattina per poter finalmente suonare in una band senza bisogno di nessuno. Nemmeno un’etichetta se dobbiamo credere al numero di progetti qualitativi che operano in totale indipendenza, produzione archi-pro inclusa. E di fronte ci sarebbe quindi un pubblico studioso (e inevitabilmente metallari), amante della musica ben fatta, pronto a mandarsi a vicenda grosse fette di pancetta elettrica a kilotoni.
Ma se questa assoluta abbondanza nel flusso sempre crescente di buoni album disponibili rimane ancora un mistero (che lasciamo volutamente aperto per risparmiarci le decine di pagine che ci permetterebbero di arrivare alla fine), una seconda domanda emerge come un aspetto negativo del primo: dove sono, in nome di Dio, i giganteschi album metal? Dove sono i Regno nel sangueIL Caos d.C., IL Lentamente marciamo o il Schiavo del potere ? Chi avere successo Percorso della mano sinistra, Fame in Transilvania O Cavallino bianco ? Se l’elenco sembra infinito, bisogna riconoscere che molti dei gruppi che l’hanno compilato hanno abbandonato il pianeta metal. Ci sono stati offerti alcuni colpi di avvertimento con l’arrivo grand-guignolesco di Nodo scorrevolele palle di Chiacchierata o da Fantasma e il soggetto ci fa pensare che gli inizi di Rammstein riportarci indietro già di trent’anni. Ma chi riempie i dannati stadi oggi con gli inni di bastardi in magliette di pelle?
La questione qui non è elencare cosa è buono e cosa no. Ci poniamo semplicemente la domanda sul perché dieci carriere cumulative di Convergere o da Sordo non avrà mai l’impatto di un singolo album di MetallicaDi PanteraD’Ferro Fanciulla o da Sabato Nero sul nostro mondo globalizzato. O in altre parole, perché i dischi piacciono Assoluto Altrove non sono nella prima pagina di Rolling Stone e quello Incantesimo del sangue non esiste realmente al di fuori del successo unanime di stima riservatogli dalla sua fanbase e da quasi tutta la stampa un po’ seria?
Lo sapevamo da allora Prole stellare che questo gruppo di ricani doveva essere tenuto d’occhio. Cosa succede se Storia nascosta della razza umana ha finito di convincere tutti con questa mistura di prog e sci-fi death (da cui il gruppo ha capito chiaramente la forza estetica da cui potrebbe trarre per il futuro), come sia ancora possibile che quest’ultimo album sia in buona forma di carattere epilettico e totalitario il climax musicale non è immediatamente inscritto nel gruppo di personaggi famosi dell’attuale decennio metal?
Perché c’è tutto: l’ambizione concettuale, lo spirito cavalleresco, il sequencing (due titoli da venti minuti divisi in tre “tavole” ciascuno), la tecnica mozzafiato e la composizione degna dei più grandi maestri. Blood Incantation completa la sua trasformazione in un techno-mostro attraverso la sua ossessione per le tastiere analogiche degli anni ’70 scadente da morire– una monomania che lo ha visto cimentarsi con misurato successo su all-synth on Onda temporale zero due anni fa. Si tratta quindi di tutto un patrimonio prog rock e ambient che viene a inserirsi proprio nella complessa architettura death pensata dal gruppo – e se gli araldi del genere che la sua Sogno del mandarino sono accreditati solo su una traccia, la loro influenza pervade l’intero disco. Cattedrali sonore si formano e deformano in tempo reale, la calma e la voluttà lasciano alternativamente il posto al tornado in una successione di complesse permutazioni tonali e sollevamenti emotivi davvero epici. Il disco respira come solo le grandi opere sanno fare: annunciando i suoi temi in maniera leggibile, Blood Incantation non perde assolutamente nulla durante questi quarantacinque minuti e offre un lavoro definitivo, forse anche troppo perfetto perché un po’ troppo sceneggiato.
Quindi cosa si ferma? Assoluto Altrove incarnare la nuova riconquista globale del metal? Perché Blood Incantation non può essere considerato allo stesso livello di Morte o come il nuovo Necrologio ? Perché un’opera di tale qualità si accontenterà di riempire faticosamente stanze con mille persone? Non risponderemo oggi; ci diciamo solo che la violenza è così ovunque intorno a noi che finalmente l’estetica “metal” non spaventa più molte persone, e che un ufficiale giudiziario che bussa alla porta per chiedere la bolletta del gas sarà sempre più terrificante del migliore dei pestaggi imposto dai gruppi più stillanti di metallo cruento. Ma quelli veri lo sanno: Assoluto Altrove è probabilmente il record dell’anno 2024.