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durante il discorso di Barnier, LFI persiste… nel caos

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Durante la dichiarazione di politica generale di Michel Barnier, i deputati della LFI hanno intensificato le invettive e i disordini. Se le truppe di Jean-Luc Mélenchon aprono la porta a un lavoro più collaborativo sui testi, la messa in discussione della strategia del disturbo non è all’ordine del giorno. Abbastanza per completare la demonizzazione del movimento della sinistra radicale?

Pilastri rumorosi del bar o somari chiassosi seduti in fondo alla classe? Quando si sceglie una metafora per designare l’atteggiamento dei deputati della France Insoumise (LFI), questo martedì 1 ottobre, durante la dichiarazione di politica generale di Michel Barnier, ci troviamo ad esitare. Una cosa è certa: il comportamento adottato dagli eletti della sinistra radicale non era in alcun modo coerente con quello che ci si aspetta da un parlamentare tradizionale.

All’arrivo sul podio del primo ministro, il gruppo presieduto da Mathilde Panot ha lanciato un primo “happening”, relativamente sobrio per i suoi standard scandalosi: i 72 deputati hanno brandito le loro tessere elettorali. Modo di protestare contro la mancata nomina di Lucie Castets, candidata designata dal Nuovo Fronte Popolare (NFP) per occupare la carica di capo del governo.

Sebbene si possa sostenere che la “negazione della democrazia” denunciata all’unisono dalla sinistra sia discutibile – nessuna norma costituzionale obbliga il presidente a nominare un Primo Ministro da una coalizione che sia risultata vincitrice; soprattutto, con 193 deputati, il PFN è molto lontano dal poter rivendicare la maggioranza assoluta nell’Assemblea e dal pretendere di poter sfuggire alla censura immediata – fedeli alla loro strategia di mettere tensione nel paese, i ribelli continuano a rivendicare che hanno vinto le elezioni. E per assicurarsi che i francesi aspettassero solo l’applicazione del loro programma, dipingendo Emmanuel Macron come un maniaco autoritario.

Insulti continui

Un’altra costante: i decibel prodotti nell’emiciclo provenivano principalmente dalla sua parte in alto a sinistra, dove sono seduti i deputati della LFI. E’ molto semplice, dalle tribune dell’Assemblea Nazionale, la prima parte del discorso di Michel Barnier era quasi impercettibile. Un’osservazione dovuta al tono monotono usato dal primo ministro, certo, ma anche alle innumerevoli invettive provenienti dalle fila dei ribelli.

E’ molto semplice, per un’ora ogni frase pronunciata dal settantenne è stata scandita dai commenti pronunciati a gran voce dai deputati della LFI. Tra giochi di parole sporchi, slogan rivoluzionari e commenti pesantemente caustici: “ È colpa di Macron! », « Tutto per i ricchi! », « Ti ruberanno le tasche con un sorriso! », affermano i ribelli nella sezione dedicata all’economia. Anche l’annuncio di un contributo eccezionale da parte dei più fortunati viene accolto con ostilità, con i parlamentari che gridano “ Quanto ? Quanto ? » al cantonnato.

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Gli angoli di attacco erano diversi. Uno di questi consisteva nel denunciare la presunta collusione di Michel Barnier con l’estrema destra. “ Ci sono un sacco di omofobi nel tuo governo! ”, si sente fin dai primi istanti. Quando il Primo Ministro convoca Michel Rocard, gli viene detto: “ Non ha chiamato Marine Le Pen, Michel Rocard ! “. La liquidazione è ovviamente onnipresente: “ Censura! », « Ciao! », « La soluzione è il licenziamento di Macron ! », gridano i ribelli. Molti di loro hanno dato la loro voce: Mathilde Panot, Aurélien Le Coq, Sophia Chikirou, Thomas Portes… Il premio va senza dubbio a Ugo Bernalicis, il principale perturbatore di questa sessione, che raramente si risparmia in calunnie.

L’entusiasmo della LFI, accolto da sospiri esasperati nel resto dell’emiciclo e ignorato da Michel Barnier, si è gradualmente calmato. Va detto che il discorso imperturbabile del primo ministro è bastato a cloroformizzare il più vendicativo dei deputati. Come adolescenti annoiati da un corso troppo noioso, i deputati della LFI si rifugiano allora in un silenzio imbronciato, picchiettando furiosamente sui loro cellulari. Con qualche lamentela, tutte uguali: “ Siamo annoiati! », dice uno. “ Stava meglio, Gabriel Attal! », giudica un altro. “ Altre 9 pagine… », conta un terzo. Non sorprende che dovremo aspettare che si parli di tensioni in Medio Oriente per risvegliare il contingente ribelle, che invita il governo a “ smettere di consegnare armi a Israele » e denuncia « un’invasione » dal Libano.

La situazione sembra chiara: i ribelli continueranno ad agitare la Camera nelle prossime settimane. Manuel Bompard e Mathilde Panot hanno però teorizzato l’emergere di un “ fase costituente » succedendo a ” fase destituente », dichiarandosi pronti ad adottare un atteggiamento più costruttivo cercando di formare maggioranze parlamentari su temi specifici. Questo cambiamento di sostanza, che per il momento resta allo stato di promessa, non sembra destinato a tradursi in un cambiamento di forma.

I ribelli, i nuovi diavoli della politica francese?

Tuttavia, la strategia di disturbo della LFI è aspramente criticata, anche a sinistra. “ Da due anni è la strategia Terra Nova con i toni dell’NPA », ha irritato in particolare François Ruffin. In effetti, questo atteggiamento ribelle ha comportato un impressionante declino dell’immagine della Francia ribelle, che oggi è il movimento più rifiutato dai francesi secondo gli studi di opinione.

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LFI è il nuovo diavolo della politica francese? Un momento simbolico nel discorso di Michel Barnier potrebbe illustrarlo: mentre il Primo Ministro evoca la necessità di non mostrare ” nessuna tolleranza per il razzismo e l’antisemitismo », tutto l’emiciclo si alza per applaudirlo… tranne il gruppo ribelle, che vocifera e protesta, sotto gli scherni di un’Assemblea, tra cui l’Raggruppamento Nazionale, che rivolge lo sguardo ai deputati della LFI. Volendo giocare a qualunque costo la carta antisistema, il movimento di Jean-Luc Mélenchon corre il rischio di indossare il costume di cui la Marina militare cerca ostinatamente di sbarazzarsi.

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