Quando salì al potere, l’inflazione annuale superava il 200%, metà del paese era povero e le prospettive erano fosche. Per comprendere la violenza del declassamento, dobbiamo tenere presente che alla fine del XIX secolo l’Argentina era più ricca, in termini di reddito pro capite, di tutti i paesi europei. All’epoca si usava dire “ricco come un argentino”. Oggi il reddito medio pro capite è inferiore a quello della Romania.
Questa disfatta può essere spiegata da una lenta agonia morale. Quella di un paese che, per tutto il XX secolo, si è crogiolato nel clientelismo e nello statalismo, con una élite al potere che ha distrutto gli incentivi agli investimenti. Sconvolgendo i meccanismi dell’economia di mercato, attraverso l’interventismo statale e i sussidi, i vari leader socialisti riuscirono a rendere comune la fame in un paese che era pur sempre una potenza agricola. I governi di Carlos Menem (1989-1999) e Mauricio Macri (2015-2019) hanno cercato di risanare la situazione attuando riforme liberali, ma il loro approccio si è rivelato troppo morbido di fronte al male che attanaglia il Paese.
Lo Stato come problema
È qui che entra in gioco Milei. Nel 2015 ha debuttato in televisione. Grazie alla sua autenticità e alla capacità di riassumere con chiarezza le sue idee, si è rapidamente fatto un nome. L’economista che è interviene con passione per denunciare quella che chiama la “casta politica” che vive a spese dei cittadini. Nel corso del tempo, il suo discorso si infonde. Soprattutto sui social network. A poco a poco la popolazione, soprattutto i giovani, riprendono la loro analisi: lo Stato è il problema e non la soluzione. Milei insiste che l’inflazione non deriva dall’egoismo delle aziende che vorrebbero aumentare i prezzi (l’accusa dei socialisti), ma piuttosto dalla “casta” che ha bisogno di stampare moneta per finanziare le sue donazioni elettorali. Instancabile, Milei capisce che la lotta è soprattutto culturale. Quindi mette in scena una commedia. One man show in cui spiega il ruolo dannoso svolto dalla banca centrale. Per un anno e mezzo ha suonato davanti a un pubblico tutto esaurito.
Senza questo cambiamento nell’opinione pubblica, Milei non avrebbe avuto alcuna possibilità di diventare presidente. Lungi dall’essere un epifenomeno, il suo successo è il risultato di una vittoria culturale. D’ora in poi, solo il tempo ci dirà se riuscirà a riportare l’Argentina al suo antico splendore. Se è così, sarà riuscito laddove i suoi predecessori si erano smarriti. Se fallirà, si unirà alla lunga lista di politici che non sono riusciti a far uscire il paese dalla crisi. Tuttavia il primato già indiscutibile di aver lanciato una rivoluzione morale, che si sta diffondendo in tutto il mondo e che ci libererà da numerose farmacie statali con missioni dubbie. Quindi, solo per questo, grazie e “viva la libertad, carajo!”
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