Pubblicato il 25 dicembre 2024 alle 11:12.
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“Sono nato a settembre, in un piccolo paese del Giura, dove i bambini nascono con gli sci ai piedi e i genitori con il microscopio da orologiaio avvitato all'occhio”. Così Monique Saint-Hélier (1895-1955) dipinge il suo autoritratto nel 1934. Da giovane, non pensava di diventare una scrittrice, ma un medico o un ingegnere. In seguito, però, i critici la paragonarono a Virginia Woolf.
Il suo ciclo romantico, la cronaca di una famiglia neuchâteliana, gli Alérac, e delle sue dinastie rivali, i Balagny e i Graew, continua ad affascinare. Abbiamo apprezzato appieno l'inventiva del suo stile, un misto di realismo e magia, la sua complessità psicologica, il suo modo unico di scavare nel tempo e diffrarlo. Dopo la pubblicazione del suo diario in 18 volumi, nel 2018, per le Editions de l'Aire, una tripla notizia fa luce ancora una volta sulla vita e l'opera della scrittrice nata a La Chaux-de-Fonds, città dove verrà ponerlo al centro dei suoi romanzi senza mai nominarlo.
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