Se la tendenza al riarmo è globale, meritano attenzione gli investimenti previsti su entrambi i lati della frontiera algerino-marocchina, chiusa a tutti i valichi dal 1994. Algeri e Rabat, che hanno concluso tutte le relazioni diplomatiche nel 2021, hanno compiuto uno sforzo spettacolare per rafforzare la loro difesa nel bilancio 2025.
Il Marocco intende spendere 12,4 miliardi di euro l’anno prossimo, ovvero 825 milioni di euro in più rispetto a quest’anno. Quanto all’Algeria, punta ad un aumento del 10% delle sue finanze militari, per raggiungere i 23 miliardi di euro. In altre parole, i due paesi dedicano entrambi circa il 10% del loro Pil alla difesa, una percentuale che non è raggiunta da nessuna parte in Europa o negli Stati Uniti, per i quali la percentuale raggiunge il 3,5%.
Regna la sfiducia
I due paesi sono sull’orlo di una nuova “guerra della sabbia”, in riferimento al conflitto territoriale avvenuto nel 1963? Rabat punta il dito contro Algeri per le sue intenzioni bellicose. Secondo il ministro degli Esteri marocchino, Nasser Bourita, interrogato dal Parlamento il 9 novembre, “Ci sono segnali che dimostrano il desiderio dell’Algeria di iniziare una guerra nella regione e uno scontro militare con il Marocco”. Lo assicurava qualche giorno prima il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune “la dottrina dell’Esercito di Liberazione Nazionale è difensiva”.
Il 2020, anno della normalizzazione dei rapporti tra Marocco e Israele, segna invece un punto di svolta nel deterioramento dei rapporti tra Algeri e Rabat. Mohammed VI aveva accettato di aderire agli Accordi di Abraham su iniziativa di Donald Trump, in cambio del riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale. Tuttavia, anche il Fronte Polisario, movimento indipendentista politico e armato sostenuto dall’Algeria, rivendica questo territorio che non ha più status giuridico dalla partenza degli spagnoli nel 1976. Successivamente, nel 2022, l’esercito marocchino ha creato una nuova “zona Est”, completare le zone Nord e Sud, così da segnare una nuova priorità lungo tutto il suo confine, e non più solo nel Sahara Occidentale, territorio controllato all’80% da Rabat che vi rivendica la propria sovranità.
Una corsa pericolosa
Il Marocco sta compiendo sforzi significativi per diventare esso stesso un produttore di armi. A metà ottobre, la società marocchina Aerodrive Engineering Services (AES) ha rivendicato il suo status di principale produttore di droni in Africa, grazie ad una partnership sviluppata con Israele. Quest’autunno, il regno di Shereef ha acquisito i missili plananti americani AGM-154C per equipaggiare i suoi F-16. Quest’anno ha acquistato anche 18 lanciamissili americani HIMARS, attrezzature provate in Ucraina. Anche il Marocco sta cercando di dotarsi di nuovi carri armati.
L’Algeria ha seguito la stessa strada. Nel giugno 2023, il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo algerino Abdelmadjid Tebboune hanno firmato a Mosca diversi accordi volti ad approfondire la loro “partnership strategica”. Algeri e Mosca intrattengono anche relazioni privilegiate, forgiate dal sostegno dell’Unione Sovietica ai combattenti per l’indipendenza algerina durante la guerra contro l’ex potenza coloniale francese (1954-1962). Mosca rimane un importante fornitore di armi. Algeri ha rafforzato la sua forza aerea con 14 caccia russi Su-34. Dal mese scorso, l’esercito algerino dispone di un sistema missilistico balistico a corto raggio Iskander-E, anch’esso di tecnologia russa. Niente di rassicurante, né da una parte né dall’altra del confine.
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