Processati per non essere comparsi davanti a una commissione parlamentare d'inchiesta, la prima nella legge francese, gli ambientalisti Léna Lazare e Basile Dutertre rischiano una pena detentiva e la privazione dei diritti civili. La decisione verrà presa a gennaio.
“Questo pubblico è curioso,” sbotta il presidente di una di queste fredde camere correzionali del tribunale di Parigi. Al bar, questo venerdì 22 novembre, si presenta un giovane agricoltore “mancata presentazione davanti ad un organo parlamentare”, reato sancito nelle sottili linee della Costituzione, nei commi relativi al funzionamento dell'Assemblea Nazionale e del Senato. È la prima volta, dalla creazione di questo reato nel 1977, che un tribunale francese utilizza questo motivo. “C’è un dibattito legale sopra di te”, concede il magistrato all'imputato, dietro il quale si accalcano sulle panche pubbliche decine di sostenitori.
Quella che appare altri non è che Léna Lazare, la stessa portavoce mediatica delle Rivolte della Terra. Con il suo omologo Basile Dutertre – assente questo venerdì per motivi professionali – ha rifiutato di comparire due volte nel luglio e nel settembre 2023 davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta dell'Assemblea nazionale sui “piccoli gruppi autori di violenza” dopo le manifestazioni contro i megabacini di Sainte-Soline . Tanto da far sobbalzare l’allora presidente della commissione, il deputato di Les Républicains Patrick Hetzel, oggi ministro dell’Istruzione superiore e della ricerca. L'eletto di destra aveva deciso di sporgere denuncia contro le due figure del movimento. Una procedura unica “nella storia della Quinta Repubblica”, precisa uno degli avvocati degli imputati, Me Matteo Bonaglia.
“L’Assemblea Nazionale ha invaso il vostro potere”
Se per questo reato la legge prevede due anni di reclusione e 7.500 euro di multa, le richieste del pubblico ministero hanno suscitato le ire dell'opinione pubblica, agitata nell'angusto penitenziario: due mesi di reclusione con sospensione della pena per uno, quattro mesi con sospensione della pena per l'altro. altro, accompagnato da multe. E per finire, un divieto di due anni dei diritti civili, che priva gli attivisti del loro diritto di voto e di eleggibilità.
“Quando siamo convocati e non vogliamo andare lì, quando non vogliamo discutere con i rappresentanti della Repubblica, non siamo assolutamente più legittimati ad esercitare i nostri diritti”. lei giustifica. “C’è una certa contraddizione nell’accusare gli imputati di non partecipare alla democrazia, mentre chiedono di revocare i loro diritti democratici”, ha sottolineato Liberazione Io Matteo Bonaglia.
La commissione parlamentare d’inchiesta aveva almeno motivo di esistere? Questo è ciò che la difesa ha cercato di sviscerare per due ore. La sua creazione, parallelamente ad un'indagine giudiziaria, non è legale secondo la Costituzione, soprattutto da allora“c’era un obiettivo preciso nell’approccio dei deputati: indagare su fatti di natura penale”, sottolinea l'avvocato Raphaël Kempf. E continua, suonando sulle corde del cuore: “L’Assemblea Nazionale ha invaso il vostro potere”, che rappresenta a “violazione della separazione dei poteri legislativo e giudiziario”. Un argomento anticipato dalla Procura e ripreso in senso opposto, nel caso in cui la Corte ritenesse illegale questa indagine parlamentare: “Le nostre assemblee parlamentari sono autonome e sovrane”.
«Perché Annie Ernaux non è stata convocata?»
Le stesse convocazioni pongono un problema anche alla difesa. In particolare la scelta delle persone. Se Léna Lazare e Basile Dutertre vengono identificati dal grande pubblico come parte delle Rivolte della Terra, non ne sono i rappresentanti: il movimento non ha base legale. Non è né un'associazione né una società. Più di 150.000 persone affermano di essere membri del collettivo, tra cui l'antropologo Philippe Descola, il regista Cyril Dion e la scrittrice Annie Ernaux. “Perché non è stata convocata ?» scherza Raphaël Kempf. L'avvocato poi ribadisce il punto ricordando che le citazioni sono state inviate a indirizzi di posta elettronica generici, senza assicurarsi che arrivassero agli interessati. “Per poter condannare qualcuno che non è comparso davanti a un'indagine, questa persona deve essere stata effettivamente convocata”, pointe Matteo Bonaglia.
Ma al di là delle questioni procedurali, è l’esercizio del diritto al silenzio ad essere messo in discussione. A differenza di un'inchiesta giudiziaria, dove questo diritto fondamentale è garantito, le inchieste parlamentari, al contrario, richiedono che le persone prestino giuramento e rispondano alle domande. Un attacco alla libertà di espressione, secondo gli avvocati, che hanno evidenziato diverse osservazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo o della Lega per i diritti dell'uomo.
“Per poter discutere del diritto al silenzio bisogna comunque presentarsi in convocazione” risponde il pubblico ministero in tono graffiante. Molto interessato ai dibattiti e non sembrando voler deliberare affrettatamente, il presidente ha fissato un appuntamento con le parti interessate il 17 gennaio 2025 per rendere nota la sua decisione.
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