Attraenti e ancor più contro i giapponesi che sono stati subito travolti, i Tricolores, autori di otto mete sabato sera, hanno iniziato alla grande la pausa autunnale. Tuttavia, quali lezioni possiamo imparare da questa prova?
Il rugby esprime mille cose e tra queste, il rapporto brutale tra un dominante e un dominato, il predominio fisico di un obbligato sul suo obbligato. Il culto della forza è addirittura capitale in questo sport dove, nonostante la civetteria dei romantici di ogni genere, la lotta ha sempre avuto la precedenza sull'evitare che gli Springboks, molto ben serviti dal genotipo afrikaner, si vedessero resistere 2027 il terzo titolo mondiale consecutivo. Dell'ultimo Francia-Giappone abbiamo quindi apprezzato solo i primi venti minuti, un sdolcinato prologo a ciò che alla fine avrebbe portato a un'esecuzione pubblica, una scena di tortura in prima serata. Il fatto è che nel rugby, sacrebleu, abbiamo tutta la buona volontà del mondo, una tecnica individuale non lontana dall'ottimale e l'audacia che ha caratterizzato sabato sera il tallonatore giapponese Mamoru Harada quando ha tentato un cad' deb' su essendo il giocatore più veloce del territorio (Louis Bielle-Biarrey), non possiamo sopravvivere con dignità in un corpo a corpo dove generalmente perdiamo dieci chili e altrettanti centimetri in ogni posizione.
“Allo Stade de Francedisse in seguito questo Eddie Jones improvvisamente privato del suo delizioso spirito, su n'a jamaisono stati in grado di competere con le loro dimensioni e il loro peso… Per la nostra giovane squadra, it'era Appena impossibile…» E abbiamo avutoT altrettanto difficile quanto lei, signor Eddie, per non fare una smorfia di dolore nel momento in cui Manny Meafou ha portato via tre delle sue ragazze in una sola racchetta o come François Cros, superbo giocatore di rugby ma il cuiha potere puro avevamo fino a quandoe-lì fuggito, trascinato due avversari con un'accusa apparentemente innocua. Piaccia o no, Francia e Giappone non boxano Oggi nella stessa categoria e se domani un promotore sanguinario immaginasse uno scontro tra Brahim Asloum e Tyson Fury, anche il conflitto si trasformerebbe in l'assurdo o anche, ed è più probabile, l'insopportabile…
I Blues hanno preso di mira molto rapidamente la carotide
L'improvviso tracollo del Giappone, l'unica squadra ad aver recentemente scosso la scena mondiale del rugby, è una triste notizia per uno sport con una gerarchia per sua natura sonnolenta, se non del tutto fissa. Per l'ovale giapponese, ce «Miracolo di Brighton» che aveva registrato su pellicola l'atto eroico dei Brave Blossom contro gli Springboks del 2015, non è altro che un archivio polveroso e al crepuscolo di un primo incontro che aveva i crismi di un allenamento guidato, abbiamo finalmente molta paura che l'apertura della stagione internazionale dei Tricolores è priva di veri e propri insegnamenti. A Saint-Denis, i compagni di squadra di Antoine Dupont hanno subito preso di mira l'arteria carotide e, lentamente ma inesorabilmente, hanno aspettato che la loro preda si svuotasse completamente della sua linfa…
Delle otto mete realizzate sabato sera dalla squadra di Fabien Galthié, citeremo innanzitutto l'originale prestazione di Louis Bielle-Biarrey: questa, ben spostata sulla fascia da un passaggio lungo di Thomas Ramos, ha segnato nel suo solito stile, o dopo avendo superato l'intera difesa avversaria. Emilien Gailleton ha imitato il suo ex compagno dell'Under 20 francese e, recuperando un altro passaggio decisivo di Ramos, questa volta distillato al piede, il Palois ha segnato la prima meta della sua carriera internazionale. Vi risparmieremo il resto, miei signori, poiché questo incontro è stato, per la Francia, una parata del 14 luglio in cui la nazione presenta con orgoglio al suo popolo la grandezza del suo esercito e, per il Giappone, una lunga tortura, una serie di contrasti mancati e la promessa, per un allenatore che in precedenza voleva collocare l'impero asiatico tra le prime 4 del mondo, di abbassare prontamente i suoi esigenti criteri.
43 minuti di gioco effettivo
Eccoci dunque, molto a disagio, al momento di trarre le conclusioni di questa partita a senso unico che nonostante tutto è riuscita a riunire 4,5 milioni di telespettatori – tanti quanti quelli dell'ultima partita di tiro alla zucca contro il Belgio – prova tra le tante che l'immagine del rugby non è stata poi così danneggiata da questa estate del 2024 senza altro, in termini di disagio, tristezza o scandalo, a seconda dell'episodio scelto. Per evitare che le nostre catechesi vi sembrino rigide quanto il “piano di prestazione” che regola oggi la vita quotidiana della selezione francese, sottolineiamo tuttavia che in questa fresca sera di novembre, il XV di Francia ha senza dirlo giocato una partita al minuto 43 di tempo di gioco effettivo, quoziente che legittima allo stesso tempo l'onnipotenza del rugby internazionale attuale rispetto ai tempi benedetti del rugby di papà o ai nostri blasonati fine settimana da Top 14. Proprio come questa cifra pazzesca dà ragione a Fabien Galthié quando l'allenatore della nazionale evoca il no senza enfasi il talento dei giapponesi nel mantenere la palla in sequenze molto lunghe o che questo rapporto, più o meno diventato la norma nel rugby dall'alto, spiega infine perché il debuttante Tevita Tatafu stesse cercando la ripresa già dopo venti minuti.
Alla luce di questa prima partita, noteremo anche che la “grande sostituzione” recentemente operata nei confronti dei trentenni del girone francese ha apparentemente il potere di ridare alla selezione francese vigore e audacia che aveva un po' perso a modo suo, dopo i Mondiali: al servizio di una strategia a lungo retta dallo “esproprio”, prima di essere spinta verso la diversificazione dall'evoluzione delle regole e dalle istruzioni impartite agli arbitri del collegio internazionale, Gailleton, Bielle-Biarrey, Roumat e Moefana offrono innegabilmente a Fabien Galthié la velocità che alimenta la “versione 6” del progetto di gioco French XV.
Poiché in questo mondo l'aneddotica è spesso fondamentale, non dimenticheremo nemmeno che la Nazionale non giocava sulla nave Saint-Denis dall'eliminazione ai quarti di finale del torneo planetario e in questo senso il lutto è ora completo. In questo piccolo universo in cui Antoine Dupont concentra giustamente una montagna di amore e un torrente di ammirazione, riprenderemo finalmente felici, sul ritornello di Pierre Perret e con alcuni dei 45.000 fada che con tanta difficoltà hanno riempito il vaso di Saint-Denis Sabato sera: “Totò, il re dell'ovale è tornato! Giochi olimpici, lingotti, ha il culo coperto! La famiglia estasiata grida: “Lunga vita al tozzo!” AA, il re dell'ovale è tornato! » E per il resto, compagni? Aspettiamo solo sabato…
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