Critica
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L'autobiografia del 29enne leader dell'RN, pubblicata da Fayard bollorisé, è scritta in uno stile così asettico e vuoto di informazioni che finiamo per pensare che l'abbia scritta davvero da solo.
“Non è consuetudine scrivere le proprie memorie a trent’anni”scrive Brasillach Il nostro prebelliconel 1941. A 29 anni non più, e giustamente, vogliamo aggiungere dopo aver chiuso la lentissima autobiografia di Jordan Bardella, che esce sabato 9 novembre da Fayard. Con lo scrittore fascista il leader dell’estrema destra ha in comune la giovane età. Non il talento. Nel suo libro dallo stile così pessimo che si finisce per pensare che lo abbia scritto davvero da solo, l'erede di Marine Le Pen riesce a malapena a “scoprire se stessi”, come vende la rivista Figaro, che venerdì ha pubblicato le belle pagine, e riesce solo a confortare il lettore nell'opinione che già tutti hanno di lui: formidabile macchina politica, solido portavoce e buon oratore, Bardella non ha pensieri propri né profonda cultura politica, il che lo rende perfettamente adatto al suo ruolo di oggetto di marketing destinato ad attrarre l’elettore medio di destra.
Valanga di luoghi comuni e di formule vuote di cui possiede il segreto, il suo libro mescola l'autocompiacimento borghese di un Homais e la conversazione di un Charles Bovary, di cui Flaubert scrive che “era piatto come il marciapiede di una strada e [que] le idee di tutti sfilavano lì nei loro costumi ordinari, senza emozioni eccitanti, risate o fantasticherie. Antologia: “Questa è la vita che ho scelto. A dire il vero la politica ha scelto me”; “Dicendoti da dove vengo capirai cosa cerco.”
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