Quando i tempi sono difficili, ciò che serve soprattutto è la coesione. Ma ciò che somiglia al buon senso purtroppo non sempre è condiviso. Peccato, soprattutto per chi opera nel settore automobilistico, già duramente scosso dalla pandemia Covid nel 2020, e che ora deve fare i conti con la più grande rivoluzione nel campo dei trasporti dall’avvento del motore a combustione interna. Senza un’adeguata consultazione, sono già passati due anni da quando l’Europa ha deciso che tutte le nuove auto vendute dal 1° gennaio 2035 saranno al 100% elettriche. E se nulla dice che questa data fatidica non sarà rispettata – sono già previste clausole di revisione per valutare i progressi –, questa transizione forzata, la cui rilevanza resta discutibile, è già punteggiata dai primi posti di blocco quasi impossibili da mantenere. Il primo di questi: l’inasprimento dello standard CAFE per il 2025.
In Francia, come in altri paesi europei dove l'automobile occupa centinaia di migliaia di posti di lavoro, i rappresentanti del settore mettono in guardia da mesi, uno dopo l'altro, sulle conseguenze di questi bei discorsi e di altre promesse politiche un po' idealistiche.
Avvisi ripetuti
Xavier Horent, delegato generale del sindacato professionale Mobiliani, e Luc Chatel, presidente della Piattaforma Automobile, avvertono dei pericoli di questo rigore. Così come le case automobilistiche europee, per voce di Luca De Meo, anche lui a capo del gruppo Renault, desiderano mantenere un buon slancio finanziario. Certamente questi uomini difendono la “macchina”. Ma la situazione si rivela sufficientemente grave da andare oltre le posizioni intellettuali. Le molteplici richieste di questi leader per una ridiscussione degli obiettivi di CO2 e multe di ogni tipo vanno ben oltre il semplice lobbying egoistico. Per chi ne dubitava, ne sono la prova i licenziamenti e i piani sociali a cascata annunciati nelle ultime settimane dai maggiori player del settore.
Più di 6 auto su 10 saranno vendute completamente elettriche nel 2030?
Tuttavia, invece di riconsiderare la questione, negli ultimi giorni il governo francese ha nuovamente ribadito il concetto. Lunedì 4 novembre, Agnès Pannier-Runacher, ministro della Transizione ecologica, François Durovray, ministro delegato ai Trasporti, e Olga Givernet, ministro delegato all'Energia, hanno presentato due nuove versioni dei testi alla base della Strategia francese per l'energia e il clima (SFEC). Questi due testi sono la Strategia Nazionale Low Carbon (SNBC) e il Programma Energetico Pluriennale (PPE), da cui risulta che, per le automobili, le vendite di auto elettriche dovranno raggiungere il 66% nel 2030, il che porterebbe il parco veicoli a circa il 15%. Due obiettivi ancora più alti rispetto al resto d’Europa, e il cui confronto con i risultati del 2025 lascia perplessi. Oggi, le vendite elettriche sono intorno al 15% e il parco veicoli rappresenta circa il 2%… Certo, i testi presentati dai membri del governo sono oggetto di discussione e non ratificano nulla, ma le ingiunzioni lasciano perplessi, alla volta quando questo stesso governo intende ridurre gli aiuti all’acquisto di auto elettriche a partire dal 2025 e penalizzare i produttori che non venderanno abbastanza auto elettriche, con il rischio di mettere a dura prova la ricerca e sviluppo proprio per far avanzare le auto a batteria. Tuttavia, senza incentivi fiscali e massicci investimenti nella ricerca, il prezzo delle auto elettriche e l’ecosistema che le accompagna non diminuiranno.
Assumersi la responsabilità
Posizione facile per i decisori al potere, che sembrano disconnessi dalle realtà industriali e di mercato. Sul set del grande Rendez-vous d’Europe 1 domenica scorsa, Agnès Pannier-Runacher parlava ancora “una trasformazione che potrebbe creare migliaia di posti di lavoro”dimenticando che, a causa della mancanza di ordinativi, i progetti delle grandi fabbriche europee di batterie sono appunto sospesi, mentre quelle già costruite riducono la loro attività. E lo ha aggiunto il ministro della Transizione ecologica “Se il settore automobilistico non si adatta, scomparirà”. Un inquietante sollievo dal senso di colpa mentre migliaia di dipendenti in Francia e in Europa si trovano in una situazione scottante a causa di una traiettoria che le autorità pubbliche hanno adottato, sole al loro angolo.
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