“Lé Vérité sur l'affaires Vivès” è un album firmato dallo stesso Bastien Vivès, un contributo, o un passo laterale – questo è il punto – alla vicenda in questione. Si tratta in ogni caso di un album necessariamente sensibile, inoltre non è pubblicato dal suo editore storico, ma da una nuova casa, Charlotte Editions. Un album che trova la giusta collocazione, che gli permette di schivare con una certa eleganza le grandi insidie dell'esercizio, e questo forse proprio perché si tratta di un vero e proprio nuovo album di Bastien Vivès.
Occorre allora dare un breve sguardo a questa questione che in realtà è molteplice. Si tratta di un giovanissimo autore riconosciuto, di grandi album, Polina in particolare, e anche un'opera satirica spesso piuttosto incentrata su questioni sessuali. Nel 2018 la pubblicazione di un nuovo libro dal titolo Il piccolo Paolola storia di un ragazzino che fa sesso eccessivo, è costretto a presentarsi con una specifica benda dopo che una petizione lo accusa di aver distribuito contenuti pedopornografici. La vicenda guadagnò slancio qualche anno dopo, quando il festival di Angoulême annunciò una mostra dedicata a Bastien Vivès. Vengono così alla luce gli insulti che anni prima aveva pubblicato sui social network, in particolare contro la scrittrice di fumetti femminista Emma. La questione della rappresentazione delle donne e dei bambini nella sua opera è sempre più commentata, così come alcune sue dichiarazioni, diverse associazioni si fanno avanti, portando a procedimenti legali ancora in corso. In questo intricato nodo, mi sembra che realtà, fantasia e rappresentazione si siano confuse fin dall'inizio, e che il concetto stesso di ricezione sia totalmente fuorviante: come se il pubblico adulto a cui si rivolgono questi albi non fosse in grado di capire la differenza tra i tre.
“Fare autobio, che orrore”
Lui ritrae se stesso, in una scena d'intervista iniziale che conclude così: “fare autobio, che orrore”: un piccolo patto con il lettore molto intelligente, che serve da monito. Perché ovviamente non si tratta di pentimento o di supplica. Tutto è anticonformista, scandaloso, viziato, quando per esempio deve seguire un corso antipedofilia dove si ritrova solo con un esaminatore, tutte le sedie sono vuote; mentre è sorpreso, il ragazzo di fronte ribatte “pensi che non ci siano abbastanza pedofili in Francia?”. Successivamente ha frequentato un corso di fumetto all'università dove gli interventi degli studenti hanno interrotto ogni possibilità di discutere della 9a arte, corso al quale la polizia gli ha suggerito di iscriversi per stanare gli identitari di estrema sinistra. Fino a questa scena assurda in cui un gruppo di giapponesi viene in massa a suonare al suo campanello per offrirsi di farlo diventare un grande autore di manga, perché cito “in Giappone, no sveglio, cammini tranquillo per strada”.
È una sorta di racconto kafkiano a fumetti in bianco e nero, in cui il protagonista è riservato, qualcosa che oscilla tra passività e rassegnazione, e dove la questione non è tanto quella di difendere la propria causa, quanto quella di usare questa situazione come satira, e mettere in scena questo famoso triangolo di concetti che ha cominciato a disfunzionarsi: tra realtà, fantasia e rappresentazione. Vivès infatti continua il suo lavoro, nella continuità dei piccoli album in bianco e nero che aveva già pubblicato sulla famiglia o sul calcio. A volte ha meno successo, non tanto perché sia un “anti-woke degno di CNews”, come dice ad esempio un articolo di Libération, ma perché il suo sistema di attacco è più banale, e le sue battute attese e quindi meno divertenti.
In effetti Vivès con questo album contribuisce meno all'affare Vivès di quanto pubblica un nuovo album Vivès, senza esagerare né attenuare il tono che è suo: questo sguardo di formidabile acutezza, questo senso dell'assurdo del tutto particolare, ma anche una certa forma di tenerezza , c'è molta dolcezza e non c'è compiacimento in questo album. È senza dubbio nell'intersezione di tutti questi elementi che entrano in conflitto tra loro, come in ogni buona opera in fondo, che sta la verità sulla maniera Vivès.
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