In occasione della mostra al Museo d'Orsay, Lise Baron crea attraverso le sue tele un ritratto sensibile del pittore. Gustave Caillebotte, eroe discreto dell'impressionismoun documentario da vedere venerdì 1 novembre alle 22:55 su France 5.
La sua maledizione: essere stato ricco. Poiché era libero dal bisogno, ancor più di un Cézanne o di un Morisot, Gustave Caillebotte (1848-1894) è stato a lungo confinato tra i secondi coltelli dell'impressionismo. Quasi un pittore della domenica con questi barcaioli, queste scene di vita borghese con curiosi e pacifici lavoratori. Almeno è stato lodato per la sua attività di collezionista. Ben presto infatti aveva acquisito opere dai suoi amici moderni.
Questo impegno nei confronti di Pissarro, Monet, Renoir e gli altri Sisley, i quali, all'inizio, mangiavano mucche pazze, così come questo ruolo di incrollabile promotore del loro percorso giustifica ovviamente il riconoscimento. Ma questo oscura il valore intrinseco dell'artista. L'autore del Pialle per parquet un tu Ponte d'Europa rimane principalmente come marinaio e botanico. La sua passione per le regate fu tale che si affermò come architetto navale. E in terra Caillebotte fu un magnifico giardiniere, prima ancora di Monet di Giverny o Clemenceau di Saint-Vincent-sur-Jard.
Prospettive vertiginose
Velista e gentiluomo agricoltore certamente, ma pittore dunque? In occasione della mostra al Museo d'Orsay, Lise Baron ricerca e ritrova il genio particolare depositato nelle opere. I suoi numerosi zoom sui dettagli e sugli spessori dei dipinti parlano da soli. Questo gusto per la tela lasciata visibile qua e là? È forse l'eredità di un padre che forniva lenzuola per l'esercito di Napoleone III. Questa propensione a magnificare la Parigi di Haussmann? Investimenti familiari felici effettuati nel settore immobiliare.
E poi, se l'esterno era discreto, come dimostrano i rari autoritratti e le fotografie, Caillebotte aveva audacia da vendere. Almeno quanto i suoi coetanei. La sua inquadratura? Si ispirano alle stampe giapponesi apprezzate a partire dal 1870. Le sue prospettive? Risultano altrettanto nuovi e ancor più vertiginosi di quelli di Degas. Il tocco, meno evidente e radicale di quello di Monet? Eccelle nel bagnare il pavimento, nel far sventolare il bucato nella brezza o nella vela che taglia il blu di una giornata estiva.
Soprattutto, anche nelle sue rappresentazioni di aiuole, emerge una malinconia. Deriva da quello dei maestri del Secolo d'oro olandese e dall'arte musicale di Watteau. Si nutre di una famiglia unita, per sempre lutta dalla perdita prematura del padre, poi da quella di un fratello scomparso all'età di 26 anni.
Una milza diffusa
L'adolescenza spensierata tra il Parc Monceau e la stazione Saint-Lazare finisce presto. Già, dall'alto dei balconi dell'Avenue de l'Opéra, non c'è altro che spazio vuoto. Caillebotte vi viveva certamente nel massimo comfort, ma anche con malumore diffuso, la mente alienata nelle piccole cose, un pasto, la lettura di un giornale, il ricamo. E anche, dalla parte dei boulevard, non sembra essersi concesso altro spettacolo che quello delle finestre.
Vicino a Yerres, ha preso il sopravvento Le Petit-Gennevilliers. Era un altro rifugio di campagna, altrettanto silenzioso. Caillebotte vi trovò una forma di pace, diversa però dopo le guerre, i lutti, gli sconvolgimenti e le trepidazioni della nuova Parigi.
Si poteva ancora respirare in queste periferie. Vale a dire, dipingi lì. L'idea, nell'aria dai tempi di Corot, è quella di catturare la luce nel suo ambiente naturale. E anche, qui come a Parigi, seguire il consiglio baudelairiano: il modo migliore per rendere la vita eterna è abbracciare il qui e ora.
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