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il caftano della discordia

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Il caftano, questo sontuoso indumento, ricco di ricami, portatore di secoli di raffinatezza, ha trovato un nuovo utilizzo: servire da standard in un altro litigio nell’arte della disputa, campo in cui l’Algeria eccelle con un talento ben affinato.

In questa controversia che non sembra voler finire, abbiamo da un lato il Marocco, custode di un know-how millenario, e dall’altro l’Algeria. Quest’ultimo, freschissimo sulla scena storica, si ostina a rivendicare la paternità di un patrimonio che, diciamocelo, lo ha preceduto di diversi secoli. Ma, nell’Est dell’Eden, difficilmente ci preoccupiamo di qualche secolo di storia quando si tratta di appropriarsi della fetta migliore della torta culturale.

Il caftano, tanto per schematizzare, non è nato dall’ultima pioggia. Ha attraversato i secoli, gli imperi, le dinastie e, sorpresa, era lì molto prima che l’Algeria apparisse sulle mappe. E allora, cosa potrebbe giustificare questa improvvisa ennesima pretesa da parte di Algeri? Una crisi esistenziale? Forse il timore che, senza un simbolo culturale così ricco come il caftano, ricorderemo solo i suoi centosessanta anni di esistenza?

Algeri e la sindrome del patrimonio scomparso

Immaginiamo la scena. Qualcuno, da qualche parte ad Algeri, una bella mattina, deve essersi svegliato con un’idea brillante: “E se dicessimo che il caftano è algerino? » Perché no, dopotutto? Quando la storia non ti offre un’eredità culturale sufficientemente pesante, resta sempre la strategia dell’appropriazione. Lo abbiamo già visto con il cous cous, questa guerra fredda culinaria che ha scosso i palati e le papille gustative di entrambi i Paesi.

Perché non fare il salto di qualità e puntare a un simbolo di prestigio e raffinatezza sartoriale? Questo perché a Rabat il caftano non è un capo di abbigliamento, è una dichiarazione. Ogni ricamo, ogni filo d’oro racconta una storia che il Marocco conserva gelosamente da più di mille anni. Ma ad Algeri la scorciatoia storica sembra più semplice: “Ciò che è bello è nostro. »

Tuttavia, anche El Amir Abdelkader, questo eroe storico tanto caro ad Algeri, farebbe fatica a vedere il suo nome elencato nell’UNESCO come algerino, dato che l’uomo è nato nel 1808, ben prima che la moderna Algeria fosse una realtà. Ma allora come risolvere questa impasse? Algeri potrebbe forse contattare l’UNESCO per cercare di far riconoscere il suo eroe nazionale, El Amir Abdelkader, come il primo indossatore ufficiale del caftano algerino.

Ma, ancora una volta, è una scommessa rischiosa. L’UNESCO ha criteri rigorosi e elencare una figura storica che tecnicamente non ha mai conosciuto l’Algeria come una nazione moderna potrebbe sollevare qualche sopracciglio negli uffici parigini dell’organizzazione. Sarebbe, ammettiamolo, altrettanto assurdo quanto tentare di includere Napoleone nel patrimonio marocchino perché un giorno sognava di visitare Marrakech.

Piccola lezione di storia

Detto questo, torniamo ai nostri stracci, o meglio, ai nostri caftani. La moda dovrebbe essere un ponte tra culture, non un campo di battaglia. Tuttavia, il caftano si è trovato al centro di una giostra verbale tra due “fratelli” e paesi vicini. E per una buona ragione! L’Algeria continua a rivendicare ogni giorno che Dio fa parte del patrimonio della sua controparte.

Ma Rabat, con la sua storia millenaria, può dormire sonni tranquilli. Il caftano marocchino non ha bisogno di dimostrare nulla. Si trova maestosamente nei musei, nelle sfilate di alta moda e nelle menti, non solo in Marocco, ma ben oltre. Quanto ad Algeri, sembra condannata a cercare di aggrapparsi a parti di un passato che non ha mai avuto, ignorando ciò che costituisce veramente la sua ricchezza culturale.

Per Algeri, prima di tuffarsi a capofitto nella guerra dei caffettani, sarebbe forse saggio rivederne i fondamenti. Il caftano, caro ai nostri cuori marocchini, ha visto passare secoli di storia, molto prima che l’idea stessa di un’Algeria moderna fosse sussurrata dai venti del deserto.

È il simbolo di un artigianato raffinato, di un’eleganza che non si inventa dall’oggi al domani e, soprattutto, di una storia che nessuna dichiarazione unilaterale può riscrivere. Quanto all’Algeria, farebbe meglio a prendersi cura delle proprie tradizioni, invece di guardare a quelle degli altri. Dopotutto, se c’è una cosa che la storia ci ha insegnato, è che le verità secolari sono più forti delle controversie di un giorno fa.

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