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Marine Le Pen al centro del sistema – Libération

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Giustizia

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Il tre volte candidato alla presidenza, a rischio di ineleggibilità, è stato interrogato per tre giorni dal tribunale penale di Parigi. La sua fiducia davanti al giudice contrastava con le difficoltà dei suoi ex collaboratori.

Si ritrova sola al bar, con il suo completo blu davanti ai giudici. Alla sua destra: l’avvocato gli porge la bottiglia d’acqua, consapevole della dura prova che sta attraversando il suo cliente. Lunghi minuti di interrogatorio… Martedì 15 ottobre, l’ex capo di gabinetto di Marine Le Pen, Catherine Griset, è stata ingannata dal presidente del tribunale penale, Bénédicte de Perthuis, e lo scambio si è trasformato in un gioco al massacro. L’ex collega, ora deputato europeo, si impantana nelle risposte, a volte balbetta, evidentemente impreparata a un incontro programmato da tempo. Come altri presunti ex collaboratori fittizi del FN, i tribunali l’accusano di aver ricevuto uno stipendio dal Parlamento europeo per un lavoro come assistente parlamentare accreditato a Bruxelles, tra il 2010 e il 2016, mentre in realtà all’epoca ricopriva un posto come assistente e poi capo di gabinetto di Marine Le Pen, allora presidente del partito di estrema destra. “Ero la sua porta d’ingresso, dice Catherine Griset, le persone che volevano parlarle, vederla, mi hanno parlato”. “È questo il lavoro di un assistente parlamentare?” chiede il giudice. E la donna sostiene di aver contribuito alla preparazione dei discorsi di Marine Le Pen, o meglio a metterli in forma

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