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Anna Sigalevitch in “Les Midis de Culture”

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Cara Anna Sigalevitch,
Ti do il mio pieno appoggio per il tuo intervento durante la rappresentazione teatrale di Cécile Laporte. Hai avuto molto coraggio ad intervenire in questo modo davanti a un intero pubblico e hai fatto bene a difendere il tuo diritto di pensare liberamente. Se fossi stato lì ti avrei applaudito.
Grazie per la tua toccante testimonianza.
Io sono come te, per il dibattito, per lo scambio, e contro l’obbligo di dover seguire un’idea per far parte di un “clan” che si concederebbe un benpensante ideologico… Approfitta dell’essere in un grande teatro, del collettivo l’entusiasmo già acquisito per la sua causa, per trasmettere le proprie idee e per dimostrare grande intolleranza e rifiuto nei vostri confronti e sicuramente nei confronti di tutti coloro che quella sera non dovettero osare esprimersi… posso dire che mi ha davvero sconvolto!
Grazie a te e a Culture, che spero ci dia sempre accesso a polemiche e dibattiti di opinioni diverse, dandoci così la “libertà” di costruire il nostro pensiero dietro il nostro post.

Desidero esprimere la mia piena solidarietà ad Anna Sigalevitch.
Sicuramente me ne sarei andato, non avendo obblighi professionali.
Trovo insopportabile il modo molto diffuso, nei tempi di violenza che stiamo attraversando, di fornire unilateralmente sostegno alla Palestina senza riuscire ad accogliere nemmeno una minima contraddizione,
Anna Sigalevitch non ha sostenuto l’IDF, ma ha solo ricordato che 97 ostaggi sono ancora a Gaza.
Ha avuto coraggio.
Doveva affrontare una stanza ostile.
È stata messa in pericolo.
Ciò che la performer doveva certamente aver immaginato, poiché per lei la stanza era necessariamente un dato di fatto, ogni osservazione contraria non poteva che risultare sgradita.
Questo pregiudizio di imporre un’opinione politica in una sala senza mediazione artistica è estremamente diffuso, penso tra gli altri a Mohamed El Khatib che colpisce la sala alla fine dello spettacolo con un cartello a sostegno della Palestina.
Questo scarso impegno non aiuta la Palestina. Isola violentemente alcuni spettatori.
Provo un grande disprezzo per queste manipolazioni delle emozioni.
Sostegno ad Anna Sigalevitch e bravo per il suo coraggio nell’affrontare questa artista e la sala. E qui, su France Culture.

Signora Anna Sigalevitch,
Penso alla tua esperienza durante lo spettacolo di Cécile. La tua voce parlava di un’emozione ancora molto presente, un’emozione sgradevole e bloccata in gola. Non vi scrivo come amante del teatro, ma come coppia molto umana. Mi sono riconosciuto.
Forse il teatro non dovrebbe prendere ostaggi, non ho risposta, ma forse questa detestabile esperienza mi ha permesso di provare cosa vuol dire essere imbavagliato e non voluto, e questo non è niente.
Non so bene perché ti scrivo, probabilmente perché non voglio che la società sia fatta di isole che non convivono, perché voglio che le esperienze ci facciano crescere (e non irrigidirsi) , perché il teatro è vivo a differenza del cinema, ed è per questo che lo amo così tanto.
Guarisci e continua a nutrirmi ogni giorno con le buone vibrazioni della radio.

Solo una parola per Anna Sigalevitch: grazie. Grazie per aver avuto il coraggio di dire semplicemente: “E gli ostaggi” e di dire come ti senti riguardo alla forte opposizione della stanza. Grazie per aver osato andare controcorrente e dirlo in modo semplice, preciso.
Quindi non andrò a vedere questo spettacolo per non dover sperimentare quello che hai così ben detto (ho visto il successivo, Parallax, che mi ha anche molto interessato).

Sono indignato dai commenti di Anna Sigalevitch. E Hamas? E gli ostaggi? Non è perché sosteniamo la Palestina e il Libano che dimentichiamo gli orrori che si verificano dall’altra parte. Direi che dire dei massacri perpetuati dal 7 ottobre? Contro una popolazione del tutto innocente? E la follia omicida di Netanyahu? E la persecuzione dei palestinesi da 70 anni? Un po’ di compostezza lo stesso!

Rendo omaggio al coraggio di Anna Sigalevitch che ha raccontato in diretta ciò che ha vissuto allo spettacolo “Cecile”!
La sua esperienza di questa ostilità collettiva è tutt’altro che unica. È spaventoso.
Se siamo di sinistra e progressisti, allora dobbiamo parlare di “genocidio” e condannare lo Stato “fascista” israeliano, senza sfumature.
Non basta più dire che la guerra è sempre la cosa peggiore, cosa di cui sono profondamente convinto.
È un peccato, un paradosso. Le stesse persone che indossavano la scritta “I am Charlie” giustificano le atrocità del 7 ottobre e/o le nascondono. Exit Il contesto, le conseguenze, le alleanze con paesi che sostengono ideologie che non permetterebbero loro nemmeno di vivere…
Parole come “genocidio” hanno però un significato, come ci ha ricordato Elisabeth Badinter. Ma è una vecchia signora che non gode più del rispetto degli utenti dei social e non ha più pubblico. Sono sorpreso che così poche voci si levino contro questo fenomeno di pensiero unico, “terrorista”… quest’onda che tuttavia ha accenni di déjà vu.
Anna Sigalevitch dà speranza ad alcuni di noi che nella nostra comunità hanno la museruola a rischio di essere banditi. Ancora complimenti a questo giovane giornalista.

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