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Transizione energetica: il Marocco punta sull’energia pulita

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Grazie al sole e al vento, il Marocco intende ridurre i costi di produzione dell’idrogeno per posizionarsi come hub globale competitivo.

La prima volta che il Marocco è stato avvicinato al concetto di idrogeno, è stato grazie alla giovane imprenditrice Faouzi Annajah che ha presentato due anni fa, davanti alla Sovrana, il suo SUV a idrogeno dalle linee pure e muscolose dotato di, apparentemente nulla, con un’autonomia stimata di 800 chilometri! Il franco-marocchino, che dice di essersi ispirato al padre, operaio che ha lavorato per tre decenni nelle linee di produzione della casa automobilistica Renault, ha comunque raccolto una sfida secolare: quella di rivoluzionare la mobilità grazie all’idrogeno.

La stessa scommessa audace è stata ribadita due anni dopo dai massimi livelli dello Stato con il lancio dell’“offerta Marocco”, un’iniziativa strategica destinata agli investitori che desiderano partecipare allo sviluppo del settore dell’idrogeno verde.

Quest’anno, la quarta edizione del World Power-to-X Summit si è riunita nuovamente a Marrakech per fare il punto sui progetti di decarbonizzazione, con particolare attenzione agli ultimi progressi nei progetti pilota di idrogeno verde e di cattura e stoccaggio del carbonio.

“Lo sviluppo dell’idrogeno verde come vettore di decarbonizzazione è pienamente in linea con l’impegno del Marocco negli sforzi internazionali nel campo del clima, nonché con la continuità degli sforzi messi in atto da oltre un decennio per realizzare una transizione energetica”, afferma Leila Benali, Ministro della Transizione Energetica e dello Sviluppo Sostenibile, davanti a una platea di decisori, esperti e investitori.

Polo competitivo
Lungi dall’essere, per il momento, un vettore in diretta concorrenza con l’elettricità, l’idrogeno sembra essere una possibile opzione per un maggiore utilizzo dei combustibili fossili. Il Regno vede in ciò una leva strategica per garantire il proprio approvvigionamento energetico, in un contesto segnato dall’instabilità dei prezzi dei combustibili fossili in un contesto di tensioni geopolitiche.

Per l’anno finanziario 2023, i progetti realizzati nell’ambito della strategia energetica nazionale hanno consentito di aumentare la capacità installata di energie rinnovabili (EnR) a 4.235 MW, che rappresentano quasi il 40% del mix energetico nazionale.

“L’idrogeno, a lungo percepito come una semplice tendenza, si sta ora affermando come una leva essenziale della transizione energetica”, sottolinea Samir Rachidi, direttore generale di Iresen.

In questa dinamica, il Marocco continua a rafforzare le sue alleanze internazionali sull’idrogeno verde. Obiettivo già concretizzato dalla firma di numerosi accordi strategici: da un lato, la partnership siglata con i Paesi Bassi per rafforzare l’innovazione e le infrastrutture legate a questa energia e, dall’altro, l’alleanza con la Germania che consente ad entrambi i paesi di integrarsi nel settore dell’idrogeno verde catena del valore. Queste fusioni dovrebbero, secondo i loro promotori, garantire in definitiva “un’equa condivisione dei benefici economici e tecnologici”.

Da una prospettiva più ampia, questi accordi mirano a trasformare il Marocco in un hub regionale e africano per la produzione di idrogeno verde, rafforzando così la sua posizione sulla scena energetica globale e allineandosi alla crescente domanda globale di energia rinnovabile.

Lo “champagne della transizione energetica”
Ma la sfida resta significativa, visti i costi di produzione ancora molto più elevati rispetto a quelli delle energie tradizionali. La loro riduzione richiede investimenti significativi per renderla un’alternativa competitiva. Alcuni specialisti lo descrivono anche come lo “champagne della transizione energetica” a causa dei costi di produzione proibitivi, soprattutto a monte della filiera.

In questo senso, l’offerta marocchina tende ad imporsi a livello internazionale puntando sui suoi asset principali, il sole e il vento, per abbattere, in questo caso, i costi di produzione dell’idrogeno. Ma al di là delle sfide che persistono a monte della filiera, la produzione resta la spina nel fianco dello sviluppo del settore.

Infatti, l’elemento più piccolo della tavola periodica raramente si presenta nel suo stato naturale sotto forma di atomo isolato, l’idrogeno è spesso associato ad altri atomi per formare molecole come l’acqua o il metano.

Quindi, per recuperare l’idrogeno, è necessario rompere il legame che lo unisce all’altro elemento a cui è associato. Questo può essere fatto tramite due metodi comuni, entrambi ad alta intensità energetica. La prima, la termolisi del metano, combina gas naturale e acqua ad alte temperature per produrre idrogeno. La seconda, l’elettrolisi dell’acqua, rompe il legame della molecola d’acqua applicando una corrente elettrica. L’unico piccolo problema è che questi processi richiedono molta energia.

In termini di impronta di carbonio, un’auto alimentata a idrogeno rimane leggermente meno inquinante di una alimentata a benzina, ma può diventare fino a due volte più inquinante se l’idrogeno proviene dall’elettrolisi con fonti di approvvigionamento come il carbone.

Minimizzare le perdite
Ma non tutto è da deplorare nello sviluppo di questa tecnologia pulita, soprattutto nelle fasi a valle della catena del valore, dove numerose innovazioni consentono ora di ridurre gli onerosi costi di trasporto che in passato scoraggiavano molti investitori. In Germania, un’importante innovazione, chiamata “liquido organico che trasporta idrogeno” (LOHC), semplifica la distribuzione senza dover passare attraverso un raffreddamento brutale. Allo stesso modo, l’integrazione dei gasdotti nella rete dell’idrogeno è di buon auspicio per garantire un trasporto sicuro e a basso costo.

“La produzione di idrogeno non è un obiettivo in sé ma un passo nella creazione dell’ecosistema di un settore”, sostiene Mohammed Yahya Zniber, presidente del Cluster Green H2.

Certamente, questo carburante pulito ha un’impronta di carbonio che dipende in gran parte dalla modalità di produzione. Ma restano necessari investimenti nelle infrastrutture di produzione locale per ridurre al minimo le perdite e massimizzare l’efficienza dello stoccaggio. In ogni caso, l’attrazione per le energie alternative si conferma in un momento in cui il mondo si allontana progressivamente dai combustibili fossili e in un momento in cui l’Unione Europea, primo partner del Regno, fissa al 2035 la scadenza per vietare la circolazione dei nuovi veicoli termici sul proprio territorio. territorio.

A questo proposito, il “Green Deal Europeo”, documento fondativo della strategia ecologica dell’UE, fissa l’obiettivo di produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde entro il 2030 (40 GW di capacità di elettrolisi) per decarbonizzare le industrie e trasformare i settori più inquinanti, in particolare raffinerie.

L’idrogeno si presenta anche come una soluzione per alleviare la pressione sulla domanda di elettricità, in particolare con la completa elettrificazione del parco veicoli. Nonostante gli sforzi compiuti, il Vecchio Continente non dispone di risorse sufficienti per bilanciare la propria impronta carbonica.

L’offerta del Marocco
Ed è qui che entra in gioco l’offerta del Marocco, che offre un quadro attraente per gli investitori che mirano a sviluppare il settore dell’idrogeno verde. L’iniziativa copre l’intera catena del valore, dalla produzione di energia elettrica rinnovabile alla conversione in sottoprodotti come ammoniaca, metanolo o combustibili sintetici.

Per sostenere questi progetti, lo Stato stanzia un milione di ettari di terreno pubblico, di cui 300.000 saranno offerti in una prima fase, in lotti da 10.000 a 30.000 ettari. Ulteriori terreni saranno accessibili gradualmente. I progetti mirati a segmenti specifici potranno beneficiare di programmi nazionali di incentivi agli investimenti, a condizione che rispettino le normative vigenti.

Clima di fiducia
Questo vertice, che vuole essere più un think tank per i principali specialisti, si rivolge anche agli investitori di venture capital (VC) che seguono da vicino i progressi nella transizione energetica. Come ha sottolineato il Ministro dell’Energia, “l’obiettivo è rilanciare gli investimenti e pensare a modelli di business per accelerare gli investimenti, in particolare nel trasporto tramite gasdotti”.

L’idrogeno ha ancora grandi prospettive davanti a sé, poiché le sue applicazioni si rivelano essenziali. Pilastro della decarbonizzazione delle industrie pesanti, come le acciaierie, nella produzione di fertilizzanti, si posiziona come un’alternativa sostenibile, capace di rispondere all’emergenza ecologica. Questa sensazione è condivisa dagli scienziati presenti a margine di Power to X, fiduciosi nella capacità di superare questi ostacoli grazie al continuo progresso tecnologico.

Idrogeno, energia del futuro?

Jules Verne, ne L’Isola Misteriosa (1874), già intuiva le potenzialità dell’idrogeno, scrivendo: “Credo che un giorno l’acqua verrà utilizzata come combustibile, che l’idrogeno e l’ossigeno […] fornirà una fonte inesauribile di calore e luce”.

Spesso presentato come l’energia del futuro, questo vettore energetico è stato tuttavia utilizzato a partire dal XIX secolo, in particolare in combinazione con il monossido di carbonio per fornire gas in alcune città europee e per alimentare le prime automobili. Ma il costo elevato di questa tecnologia ne ha rallentato a lungo lo sviluppo, con l’umanità che si rivolge ai combustibili fossili per ragioni di redditività.

Oggi, di fronte alla crisi climatica, questo paradigma si sta evolvendo, spingendoci costantemente a ripensare le nostre modalità di produzione e consumo.

Ayoub Ibnoulfassih / Ispirazioni ECO

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