Le strade sono deserte, le tende delle poche case ancora abitate sono tirate. All’ombra, un gatto riposa ai piedi di un albero, unico protagonista vivente di una scena quasi apocalittica. E all’improvviso, un ronzio. In lontananza, una sagoma nera guadagna quota. Poi i suoi lineamenti prendono forma e il suo colore si svela. Con un rumore assordante, l’aereo sorvola il Vecchio Paese di Goussainville, poche centinaia di metri sopra le nostre teste. “Quello è un Boeing 737 ! esclama Philippe Vielliard, il marsupio stretto alla cintura, gli occhi fissi al cielo nuvoloso. Ogni giorno,
ci sono 1.500 aerei che decollano! E 150 a notte. Diventerò sordo con tutto questo rumore! »
Il pensionato è una delle circa 300 persone coraggiose che vivono ancora nel vecchio paese di Goussainville, dove la vita è diventata quasi impossibile dagli anni ’70 e dalla fondazione, cinque chilometri più a est, dell’aeroporto Parigi-Charles. de Gaulle. “Prima qui c’erano quasi 1.000 residenti. E abbiamo avuto fino a undici com
rattrista la memoria viva del comune. M
forza in città! »
Un territorio schiacciato dal rumore
Oggi l’ingresso al paese dà la misura del dramma che qui si svolse. Non appena si lascia la strada dipartimentale 47, il traffico dei camion frigo e degli altri veicoli commerciali lascia il posto al silenzio. Sulla strada che porta alla chiesa sono rimaste le case della rue Brûlée, poi murate. I residenti se ne sono andati.
La maggior parte si spostò qualche chilometro più in là, dove fu costruita una “nuova” Goussainville. Oggi conta 31.000 abitanti, al riparo dal corridoio aereo e dal fragore prodotto dal decollo delle cabine. “Eppure gli aerei di oggi fanno meno rumore di cinquanta o sessant’anni fa. Avremmo dovuto fermarci e parlare,”
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