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I Sospiri di Azemmour (di Aziz Daouda)

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Aziz Daouda ha appena trascorso una vacanza con la famiglia ad Azemmour, una città vicino alla foce atlantica di Oum R’bia e che vive all’ombra di El Jadida. In un articolo pubblicato su “Bluwr.com”, ci racconta le sue sensazioni.

Un vero racconto di “fatti” che riproduciamo con il gentile consenso dell’autore.

Di: Aziz DAOUDA

Andando verso Oualidia, giusto per goderci la sua bellissima laguna, le sue ostriche e i suoi pesci, mia figlia, mia moglie ed io abbiamo deciso di fare una breve sosta ad Azemmour. Mi sono ripromesso di portare lì mia figlia alla prima occasione che si fosse presentata.

Siamo qui a due passi da Casablanca, a una manciata di chilometri da El-Jadida e non lontano da Jorf Lasfar, vanto della moderna industrializzazione del Marocco.

Personalmente ho qualcosa per questa città. Poche città sono così affascinanti. Non posso spiegare perché.

Molto presto ci sono a volte berberi in brevi Jellaba, tchamir e pantofole con la testa arrotondata o appuntita; a volte un fenicio vestito di bianco, un po’ come vestivano i greci nel loro tempo di gloria; a volte indossando la toga di un orgoglioso cittadino romano o il turbante blu di un rozzo Berghouata.

Immaginate i portoghesi cantare il loro trionfo alla presa della città. Senti il ​​rumore dei tuoi passi sul vecchio selciato, che evoca quello dell’esercito saadiano che riprende possesso dei bastioni. Il rumore e le vociferazioni dei soldati risuonano ancora e ancora; ma in silenzio.

All’incrocio di un vicolo della città antica, si sente la voce lontana e confusa di Sidi Abderahman El Mejdoub, che grida il suo dolore di fronte al male, mettendo in discussione il mondo e l’universo. Dietro l’angolo, la voce appena percettibile del sussurro del rabbino Abraham Moul Ness e le sue preghiere all’alba e al tramonto ti chiamano. Sidi Brahim per i musulmani… le due religioni lottano per stabilire i confini qui…

Del resto fu una sorta di miracolo che rivelò alle due comunità che Abramo era davvero un santo… I cittadini avevano appena installato un mulino proprio di fronte alla grotta dove egli trascorreva il tempo meditando e pregando… Le bestie che custodivano il mulino correndo velocemente si ammalarono e morirono uno dopo l’altro. Abbiamo allora capito che Abramo non voleva essere disturbato nella sua meditazione… da allora è Rabbi Abraham per gli ebrei, Sidi Brahim per i musulmani, santo per entrambi.

Più avanti nel paese, ci sono giovani piuttosto silenziosi, sicuramente preoccupati, con uno sguardo triste negli occhi, che ti affrontano alla svolta di un vicolo. Alcuni di quelli che ti passano accanto hanno un aspetto sorprendentemente smunto, come per esprimere stanchezza o disgusto; forse anche rabbia profonda e dolore ripetuto. All’angolo della strada di fronte, in una piazzetta deforme, è il rumore sobbalzante di un telaio che ti chiama. Uno dei pochi Deraz ancora in funzione tesse sciarpe e sciarpe in lana o seta come tutti i giorni… Ai turisti piace ma non vengono spesso… Non si stanca mai. Lavora, ama moltissimo il suo lavoro e aspetta giorni migliori o almeno che finisca la guerra in Medio Oriente… In fondo, deve sperare che i suoi amici israeliani rinsaviscano e rimuovano rapidamente i loro leader dal potere. attuale; nevrotici assetati di sangue più di ogni altra cosa. Aspetta Moussem ma non sa se gli ebrei marocchini che annualmente ritornano per il pellegrinaggio sarebbero ancora numerosi.

La casa dell’artigiano tace e aspetta anche… Spesso aspetta che passi un piccolo gruppo per prendere finalmente vita un po’, per un’ora o due. I maestri artigiani che vi soggiornano sembrano guardare il tempo scorrere. I loro occhi hanno nostalgia di un passato vicino, senza dubbio idealizzato, e di un passato più lontano, pieno di ricchezza e potere, andato per sempre.

Una signora di una certa età, senza alcun imbarazzo, vestita con un pigiama che ne ha visti alcuni verdi e acerbi, è lì davanti a casa sua, su uno sgabello, seduta. La porta della sua modesta casa dipinta di blu è spalancata. La signora si estende un po’ oltre le piccole dimensioni del suo sgabello. Il suo sguardo è vuoto. Non si accorge delle nostre sagome e sembra non sentire i nostri passi involontariamente leggeri, come per non turbare la storia o suscitare la rabbia dei muri abbandonati, delle case con le porte murate, di quelle che il tempo ha abbattuto e di quelle che attendono passivamente il segnale del capitombolo di pietre stanche, millenarie, che non reggono più nulla.

Dietro i vecchi portoni di qualche edificio ancora in piedi – e ce ne sono ancora tanti, grazie a Dio – e di qualche casa non ancora chiusa con lucchetti o caduta nell’oblio del tempo e dell’umanità, si vedono giovani ragazze intente a ricamare. Non sono più molti quelli che nutrono una passione per quest’arte ancestrale tipica della città con i suoi colori vivaci e i suoi draghi. Cosa ci fanno qui i draghi oltre a ricordare un passato così lontano che non riusciamo a vederne la profondità? Per sentito dire, alcuni sostengono che sia stato un mercante portoghese a introdurre quest’arte tra le mura della città.

All’angolo di una piazzetta, come ce ne sono molte in città, davanti a un negozio di alimentari tanto piccolo quanto disordinato, stanno dei giovani inattivi. Uno di loro somiglia necessariamente a Mustapha Azemmouri, quello conosciuto come Esteban il Moro o anche Estevanico. Forse ne porta anche i geni. Senza Estevanico il Nord America non sarebbe mai stato quello che è oggi. Che destino! Partire da un Paese simile per determinare la storia di un altro dall’altra parte dell’Atlantico.

Mentre esci da una delle porte dell’antica città, hai un unico pensiero: Azemmour è alla ricerca di un regalo che non arriva. Sta morendo e sicuramente sta morendo.

Forse è già morta.

Qualche tempo fa, Karim Boukhari, in un articolo disse: “Ho visitato Azemmour. Un amico, originario del paese, mi ha avvertito: fai attenzione, mi ha detto, è un paese morto.

Per vederlo, fate una passeggiata ai piedi del muro sul lato dello wadi. Una spianata che il mio amico Zaki Semlali ha sviluppato con i pochi mezzi a sua disposizione per dare nuova vita a questo rapporto speciale che la città ha con Oum R’bia. Oggi la plastica purtroppo è più abbondante dei pesci. Sono finiti gli algoni e i bellissimi temoli carnosi… Certi tratti di muro e le case scorrono verso lo wadi come lacrime del dolore sofferto.

Il nostalgico Azemmour guarda l’Atlantico e osserva impotente le onde che si infrangono in lontananza…

Imploro l’Onnipotente affinché questo pezzo della nostra preziosa storia possa finalmente beneficiare dell’attenzione dei nostri leader.

Mia figlia, mia moglie ed io ce ne siamo andati tristi, feriti nel profondo delle nostre anime, ma la voce sublime di Sanaa Marahati che canta alcune poesie scritte da qualche parte in città ci fa credere in un futuro migliore per Azemmour.

Aziz Daouda… in poche parole

*Direttore tecnico e di sviluppo della Confederazione africana di atletica leggera. Appassionato del Marocco, appassionato dell’Africa. Preoccupato per ciò che sta accadendo, esprimo il mio punto di vista quando ne ho uno. Umanista, cerco di essere, umano voglio essere. La mia storia è strettamente legata all’atletica marocchina e mondiale. Ho avuto il privilegio di partecipare alla gloria del mio Paese.

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