centinaia di manifestanti a Limoges su appello di LFI
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centinaia di manifestanti a Limoges su appello di LFI

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Diverse centinaia di persone si sono radunate questo sabato 7 settembre a Limoges, sulla scia dell'appello nazionale di LFI per il licenziamento di Emmanuel Macron. Mentre l'approccio ha poche possibilità di successo attraverso i canali parlamentari, la strada sembra volersi esprimere, nonostante le differenze di metodo a sinistra.

La constatazione è chiara, unanime: Emmanuel Macron non ha soddisfatto le aspettative della maggioranza degli elettori e non ha rispettato il risultato delle urne. Per il resto, è una questione di metodo, e quello sostenuto da LFI sembra aver trovato un'eco misurata questo sabato 7 settembre a Limoges. Lontano dalla folla dei grandi giorni – è vero che il meteo non era affatto favorevole -, diverse centinaia di persone

hanno marciato per le vie della città nel primo pomeriggio.

“Alla fine si uniranno a noi”

“Hai votato? E ora, sei soddisfatto? No? Quindi Macron dimissioni, impeachment di Macron!” Gli slogan hanno risuonato soprattutto in Place de la Motte, dove i dimostranti hanno fatto una lunga sosta per applaudire in particolare i due deputati ribelli dell’Haut-Viennois, Damien Maudet e Manon Meunier. Qualche bandiera della Génération, qualche distintivo del PCF, ma assenze notevoli, come quella del Partito socialista o della CGT.

“Non importa, finiranno per unirsi a noi quando vedranno che l'unico modo per porre fine a questa negazione democratica è scendere in piazza”, afferma Christophe, ferroviere di Limoges, vicino al movimento di Jean-Luc Mélenchon e habitué delle manifestazioni. premio

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Incomprensione e rabbia

Al di là delle preoccupazioni puramente politiche, è stato un sentimento di incomprensione misto a rabbia a fluttuare per le strade della città questo sabato. “LR ha ottenuto solo l'8%, e al governo c'è ancora LR. Come appare la Francia sulla scena internazionale?”, si infuria il giovane Louis, che è venuto a esprimere il suo risentimento con alcuni amici studenti. Alla domanda: “Come siamo arrivati ​​a questo punto?”, il piccolo gruppo è stato unanime: “È troppo facile dare la colpa agli Insoumis perché non volevano Cazeneuve! Per noi, rappresenta la sinistra soft. E in ogni caso, nemmeno Macron lo voleva”.

Foto di Franck Jacquet

Verso un movimento sociale?

Ritiro della riforma delle pensioni, salario minimo a 1.600 euro… Tanti elementi programmatici che ora sembrano declassati al rango di semplici pii auspici capaci di alimentare profonda amarezza. Abbastanza per trasformare la protesta politica in un vasto movimento sociale in autunno, come spera Emmanuel? “Credevo ingenuamente che Lucie Castets sarebbe stata nominata a Matignon, non vedevo come Macron avrebbe potuto fare altrimenti”, spiega questo educatore specializzato che ora teme che la RN si precipiti sulla breccia di una democrazia vacillante. “Stiamo raggiungendo i limiti della Quinta Repubblica, e forse i limiti del nostro sistema democratico di cui ci vantiamo tanto da decenni. È estremamente preoccupante”.

“Mescolare i generi”

Un po' di lato, Anne, un'insegnante, si prepara con la sua amica a lasciare la manifestazione prima del previsto. Il grande striscione di Gaza srotolato davanti ai mercati, i cartelli ostili a Israele e le kefiah viste tra le fila dei dimostranti non sembrano adatti a loro. “È un po' quello che temevamo”, si rammarica l'insegnante. La guerra in Medio Oriente è assolutamente drammatica, ma questa mescolanza di generi non può che nuocere a entrambe le cause: quella del popolo palestinese da una parte, e dall'altra quella della sinistra e delle nostre libertà, qui in Francia. È forse anche per questo che oggi non c'è la folla che speravamo”.

600 secondo la polizia, più di mille secondo LFI.Florence Clavaud-Parant

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