Israele ha ripetutamente dichiarato di non voler partecipare alle celebrazioni dopo il ritorno a casa dei prigionieri palestinesi.
“Nell’ambito dei preparativi per il rilascio dei prigionieri terroristi palestinesi in Giudea e Samaria, mettiamo in guardia contro la partecipazione a rivolte e marce armate che sostengono il terrorismo. Chiunque partecipi a tali atti terroristici rischia di correre un pericolo”, ha avvertito il portavoce dell’esercito israeliano ai media arabi. L’avvertimento è stato lanciato domenica sera perché da un momento all’altro era prevista la liberazione dei prigionieri dal carcere di Ofer, a nord di Gerusalemme.
Del primo gruppo di 90 prigionieri rilasciati domenica, una dozzina di loro sono stati scortati da unità speciali di polizia prima di essere rilasciati a Gerusalemme Est. Questi ex detenuti hanno dovuto, secondo fonti locali, promettere per iscritto di non festeggiare la loro liberazione dal carcere, né di invitare a casa loro membri diversi dai loro familiari.
I detenuti provenienti dalla Cisgiordania, invece, sono stati accolti con giubilo popolare. “Sono venuto per festeggiare le persone che stanno per essere liberate”, racconta Ahmad, a Beitunia, un sobborgo di Ramallah, all’arrivo dell’autobus bianco della Croce Rossa che ha rimpatriato gli ex detenuti.
“Provo empatia per loro, anch’io sono stato in prigione e so cosa succede lì. Il trattamento è pessimo: niente cibo, niente da bere, niente coperte. Stai soffrendo, in prigione. Mio figlio è in prigione e sono preoccupato per lui. È uno studente di farmacia. Il suo avvocato ci ha detto che aveva la scabbia e non aveva medicine. “Nemmeno l’avvocato può fargli visita.” si riferisce.
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