Amarezza crescente. Sette case nel villaggio di Treffiagat (Finistère) saranno distrutte per evitare che vengano sommerse. La duna che li separa dalla spiaggia incombe cedere ad ogni tempesta.
“Non abbiamo davvero scelta, il mare prende il sopravvento”sbotta Fanch Renevot, davanti al camion dove sono accatastati i mobili della sua casa bianca, a due passi dalla spiaggia, acquistata nel 2015 per trascorrervi la pensione.
Con la minaccia di essere sommerse ad ogni tempesta, sette case di Treffiagat, cittadina del Bigouden (Finistère), verranno rase al suolo, in mancanza di una soluzione duratura che le protegga dall’innalzamento delle acque.
“Sei mesi dopo averlo acquistato è entrato in zona rossa”ricorda, in riferimento alla classificazione come “pericolo molto elevato” della sommersione marina di questo villaggio del sud del Finistère.
“Non sentimentale sulla pietra”Fanch Renevot non si dice toccato dalla vendita di questa seconda casa. “Mia moglie le ha dato un po’ più fastidio: qui è comunque il paradiso”si confida il sessantenne roofer, scrutando le poche case incastonate tra dune e pini.
Costruite in una zona bassa negli anni ’70 e ’80, queste case sono separate dalla spiaggia da una semplice duna, via via diventata più sottile. Riempito prima dell’inverno, minaccia di cedere all’assalto del mare ad ogni tempesta.
Nel novembre 2023, in previsione del passaggio della tempesta Ciaran, una ventina di case furono evacuate con decreto prefettizio. “Tutti i sistemi di contenimento che siamo stati in grado di implementare negli ultimi 15-20 anni, vale a dire dighe, riprap, pali, non sono efficaci”elenco Stéphane Le Doaré, presidente (Les Républicains) della Comunità dei comuni del paese del Sud Bigouden (CCPBS).
Un “pozzo senza fondo” per la comunità
Ogni anno la comunità deve pagare “più di 100.000 euro” rinforzare la duna, rinforzandola con migliaia di metri cubi di sabbia. “È un pozzo senza fondo, una benda su una gamba di legno, perché il mare è più forte di noi”sottolinea l’eletto.
“Non possiamo garantire in modo sostenibile che i residenti dietro la duna possano vivere in sicurezza.spiega. I modelli dimostrano che, inesorabilmente, il mare entrerà in questo luogo.
Il CCPBS si è quindi impegnato ad acquistare sette case per distruggerle. L’acquisto dei primi due è stato approvato all’inizio di dicembre dal consiglio comunale. Il numero definitivo delle case interessate da questo rischio di erosione è ancora in fase di studio. Sulle altre residenze verranno prese presto le decisioni. Al termine del processo, il borgo verrà restituito alla natura. E’ prevista la costruzione di una diga, dietro la duna, per proteggere le restanti case.
“Partirò con il mare”
La prospettiva di dover lasciare questa famosa località balneare non rallegra i residenti. “È straziante per tutti”dice una signora, senza voler dire il suo nome. “Ci sta rovinando la pensione”insiste una coppia sulla settantina, sulla porta di casa.
“Partirò con il mare”proclama addirittura Denise (il nome è stato cambiato), dalla finestra della sua cucina. L’ottuagenario, che vive nel quartiere da quando aveva quattro anni, non riesce a immaginare di trasferirsi. “Quando il mare sarà finito, sarò obbligato a salire in soffitta e farmi venire a prendere”dice.
L’attivazione degli aiuti di Stato del “fondo Barnier” ha consentito al CCPBS di offrire condizioni vantaggiose di riscatto, al prezzo di mercato (ovvero da 280.000 a 687.000 euro) per le sette case. Stime “corretto”concorda Fanch Renevot.
Ma l’aspetto finanziario fatica a convincere i residenti più attaccati alla propria residenza. “Comprendo il trauma psicologico di alcune famiglie che vivono lì dagli anni ’70 e hanno cresciuto lì i loro figli,simpatizza Stéphane Le Doaré. Alla fine lo sentiranno, è solo il momento di essere accettabili”.