Durante l'evento “Gioventù in luce”, organizzato dal Consiglio dipartimentale del Gard mercoledì 27 novembre, hanno testimoniato diversi giovani affidati all'Assistenza all'infanzia (ASE). Tra questi, Kadhija, che è stata collocata all'età di 3 anni.
“Al me stesso di prima gli dirò che siamo riusciti ad avere l’amore di una madre e di un padre di cuore, che siamo riusciti a fuggire dall’inferno”. Kadhija è una dei dieci giovani che hanno accettato di raccontare la loro storia ai professionisti e ai bambini dell'assistenza all'infanzia (ASE) di Gard.
Un evento dal titolo “Giovani sotto i riflettori”, organizzato per la prima volta dal consiglio dipartimentale del Gard, che mira a dimostrare che questi giovani, contrariamente ai luoghi comuni a volte trasmessi, possono cavarsela. Storie senza linguaggio, commoventi e stimolanti.
Inserito dall'età di 3 anni
La storia, o meglio “inferno” come lo descrive Kadhija, inizia all'età di 3 anni. “Mia madre non poteva più prendersi cura di me. È schizofrenica, proprio come mio fratello. E in ospedale hanno visto che mi picchiavano. Allora hanno preso la decisione di separarmi da loro”spiega. Un periodo che per lei resta poco chiaro. Ma certi momenti lo hanno segnato. “Ricordo che mio fratello mi ha buttato giù dalle scale. È stato violento”.menziona. Una separazione complicata, ammette, “perché tu vuoi restare con tua madre, ma d’altra parte se fossi rimasto non ce l’avrei fatta”.
“Mi hanno bruciato con le sigarette”
Ma quando la giovane viene affidata a una famiglia affidataria, l'incubo purtroppo non finisce qui. “Nella mia prima famiglia affidataria mi hanno maltrattato. Mi hanno bruciato con le sigarette, mi hanno colpito con una scopa. Ricordo anche che c'era un bambino con me. E il modo in cui gli parlavano mi ha fatto male al cuore”. Si confidò poi con la madre, che continuò a vedere di tanto in tanto alla presenza di mediatori. Ma quando quest'ultimo mette in guardia i giudici, si rivolta contro Kadhija. “Non le hanno creduto e mi hanno vietato di vederla per sei mesi”ricorda.
Maryse Giannaccini, vicepresidente del Dipartimento, responsabile per la tutela dell'infanzia
L’obiettivo di questa giornata “Gioventù nella Luce” era dimostrare che questi giovani potrebbero avere successo?
E' esattamente così. Quando incontriamo le persone sul campo, mi dicono che buona parte del budget va al sociale, ma dicono di non sapere a cosa serva. E questo è un modo di rispondere loro. Dimostrare che grazie a questo sostegno i giovani, nonostante il loro background atipico, riescono a farcela. Poi è anche un modo per mettere in risalto le diverse professioni dei professionisti.
Alcuni, come Kadhija, parlano di devianza, con educatori “poco investiti”. Hai qualche feedback a riguardo?
Sai, è come in altre strutture. A volte, tra tanti educatori, ce n'è uno meno bravo. O una famiglia con cui le cose non vanno bene. E quando siamo avvisati di queste situazioni, le riformuliamo.
Nel 2024 i bambini affidati al Gard erano 4.000, per 450 famiglie affidatarie. È abbastanza?
Ovviamente no. In meno di due anni, il numero di bambini affidati agli istituti è raddoppiato. E facciamo fatica a trovare famiglie. Poi ci sono anche gli educatori che andranno in pensione e che dovranno essere sostituiti. Ed è per questo che questa giornata è importante, perché ci permette di mettere in risalto queste professioni che, certo, a volte non sono ovvie, ma così importanti.
Una nuova vita a tredici anni
Alla fine, è scappata all'età di sei anni. Poi sono seguite numerose visite a diverse case e famiglie ospitanti che “è sempre andato storto”spiega. Menziona anche gli educatori “che erano lì solo per i soldi, non gli importava di me”. In totale, sarà collocato in più di dieci case. Diversi spostamenti che hanno ripercussioni sulla sua vita sociale e sul suo percorso scolastico. “In prima media ero vittima di bullismo. I bambini erano crudeli, così ho iniziato a ribellarmi, a voler litigare con tutti”.ammette.
Mi hanno insegnato ad amare, a sentirmi sicuro
Verso gli 8-9 anni ritorna finalmente a vivere con la madre, accompagnata da un'azione educativa in ambiente aperto, che consisteva nel monitoraggio da parte di un educatore all'interno delle mura domestiche. Ma Kadhija viene nuovamente picchiata e, nel giorno del suo dodicesimo compleanno, lascia per sempre la casa della sua famiglia. “È stata la polizia a venire a prendermi”. Dopo un mese di interventi, si è ritrovata di nuovo sistemata fino all'arrivo con i suoi cari: Stéphanie e Hicham. “Ricordo ancora cosa abbiamo mangiato il primo giorno, è strano vero?”ride. Dopo più di dieci anni di viaggio pieno di insidie, ha finalmente trovato ad Aimargues un posto dove si sentiva al sicuro. “Mi hanno insegnato ad amare, ad avere fiducia”. In questa nuova famiglia ritrova nel cuore anche i fratelli e le sorelle.
Trasmetti un messaggio positivo
Una storia dura, che però non ha tolto la speranza a Khadija che ora beneficia di un contratto da junior (vedi box). “Oggi sto completando un CAP di servizi e vorrei, perché no, aprire un mio ristorante”dichiara, con il sorriso sulle labbra. Un momento commovente per gli educatori presenti in sala, molti dei quali sono venuti a congratularsi con lei per la sua testimonianza e per i progressi compiuti. Ma anche un messaggio di speranza per i bambini, per dire loro che, nonostante le complicazioni della vita, è possibile farcela.
Contratto per i giovani adulti
Dalla legge Taquet del 7 febbraio 2022, l'assistenza ai giovani si estende fino ai 21 anni (in precedenza 18 anni). Un sostegno più lungo, messo in atto in particolare a seguito di un'indagine della fondazione Abbé Pierre risalente al 2019, che ha rivelato che un quarto dei senzatetto nati in Francia sono stati assistiti durante l'infanzia dall'ASE . Questo monitoraggio esteso mira quindi a evitare “gite asciutte”spiega Maryse Giannaccini, vicepresidente del Dipartimento, responsabile per la tutela dell'infanzia. Nel Gard, più di 300 giovani hanno beneficiato di questo contratto giovani adulti in due anni.