Al processo per l'assassinio di Samuel Paty, la studentessa “imprigionata” nelle sue bugie

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Il collegio Bois-d'Aulne, a Conflans-Sainte-Honorine (Yvelines), Francia, 17 ottobre 2020. JOHN VALAT/EFE/MAXPPP

È difficile immaginare il peso che porta, Z., a 17 anni, con la sua coda di cavallo, il suo broncio imbronciato e le sue guance da adolescente. Per quattro anni ha vissuto con il senso di colpa schiacciante di aver provocato, con la sua menzogna, l'assassinio seguito dalla decapitazione del suo insegnante di storia e geografia, Samuel Paty. Ma porta sulle spalle un altro peso, Z., quello della sorte di suo padre, incarcerato da quattro anni e che rischia trent'anni di reclusione penale per aver creduto alla menzogna della figlia.

Questa ex studentessa, ora all'ultimo anno, è quella che ha causato la tragedia. Il suo resoconto fallace di un corso del signor Paty dedicato alla libertà di espressione, al quale lei non aveva partecipato, sfruttato da due adulti irresponsabili – suo padre e l'agitatore islamista Abdelhakim Sefrioui – aveva portato all'indicibile. Ma all'epoca aveva solo 13 anni, e come tale fu condannata, nel dicembre 2023, dal tribunale dei minori di Parigi, a diciotto mesi di libertà vigilata per denuncia diffamatoria.

Martedì 26 novembre era tornata in tribunale, questa volta come testimone, durante il processo per adulti. Essendosi svolto a porte chiuse, è la prima volta che pubblico e giornalisti hanno l'opportunità di ascoltarlo. Con la sua gonna corta a pieghe, il suo viso da bambino e le sue mani che si dimenano nervosamente sul banco dei testimoni, la ringiovaniamo di due anni e capiamo subito la situazione impossibile in cui si trova.

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È combattuta, Z., tra il desiderio di scusarsi sinceramente e il desiderio di salvarla «papà»che la guarda con occhi stanchi dal molo. Ripensiamo allora al titolo del corso di Samuel Paty al quale non aveva frequentato: “Situazione dilemma”. Come non essere tentata di continuare a mentire un po', sapendo che una grande bugia ha mandato suo padre in prigione e che le piccole bugie potrebbe forse salvarlo?

“Volevo scusarmi sinceramente…”

Nella sua dichiarazione spontanea, l'adolescente ha voluto innanzitutto chiedere scusa alle parti civili. “Non potevo farlo un anno fa in udienza, vorrei chiedere scusa alla famiglia, perché vi ho distrutto la vita. Io oggi mi lamento di non vedere mio padre da quattro mesi, ma tu sono cinque anni che non lo vedi l'ultima volta [Samuel Paty]. So che le mie scuse sono difficili da ascoltare, ma volevo scusarmi sinceramente…”

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