La Svizzera e l’Unione Europea (UE) hanno recentemente festeggiato i 25 anni dalla conclusione degli accordi “Bilaterali I”. Questi accordi del suo genere consentire agli operatori economici svizzeri di accedere a gran parte del mercato interno europeo. Oltre alle conseguenze economiche, la conclusione di questi accordi ha portato alla ribalta anche una nuova questione: la partecipazione della Svizzera ai meccanismi volti a ridurre le disparità socioeconomiche all’interno dell’UE. In effetti, tutti i paesi partecipanti al mercato dell’UE hanno già contribuito (compresi i paesi terzi con accordi di accesso al mercato come Norvegia o Islanda).
Nel 2006, dopo diversi anni di trattative, è stata trovata una soluzione tra Berna e Bruxelles. Questa soluzione, conclusa sotto forma di un semplice promemoria, presenta diverse particolarità spesso poco comprese dai profani. Innanzitutto, la Svizzera, pur accettando di contribuire a ridurre le disparità sopra menzionate, non effettua tuttavia alcuna transazione diretta con l’UE. Il suo contributo si intende “autonomo”. Non è quindi posto sotto il controllo delle istituzioni europee.
Gli importi investiti da Berna finanziano progetti di sviluppo selezionati da esperti svizzeri direttamente nei Paesi beneficiari dell’Europa centrale e orientale. Inoltre la Svizzera controlla regolarmente come viene investito il denaro e interviene in caso di frode. I risultati di questa politica sono stati valutati in modo incoraggiante dal Consiglio federale e da diversi esperti indipendenti. È importante ricordare che i 270 progetti finora sostenuti hanno permesso anche a diverse aziende svizzere di sviluppare interessanti rapporti commerciali. I paesi che beneficiano dei progetti svizzeri hanno infatti economie in crescita.
Diversi altri paesi terzi hanno visto aumentare i propri contributi negli ultimi anni (in particolare la Norvegia).
Cenni Najy
In Svizzera si sente spesso dire che la Confederazione pagherebbe “un miliardo di franchi all’anno all’UE”. Tuttavia, ciò non è corretto. In realtà, tra il 2007 e il 2017, in dieci anni la Svizzera ha versato circa 1,3 miliardi di franchi. Nei cinque anni successivi non sono stati più effettuati pagamenti. Dal 2023 è stato lanciato un nuovo programma pluriennale. Dotato anch’esso di circa 1,3 miliardi, questo secondo pacchetto non è stato ancora realmente utilizzato.
Di conseguenza, dall’entrata in vigore delle Convenzioni I nel 2002, la Svizzera ha versato solo circa 60 milioni di franchi all’anno. Rispetto a quanto la Svizzera spende ogni anno per l’aiuto allo sviluppo di altre regioni del mondo, vale a dire quasi 4 miliardi, questa somma sembra in realtà molto bassa.
Questa situazione spingerebbe ora l’UE a richiedere un aumento del contributo svizzero. Va detto che diversi altri paesi terzi hanno visto aumentare i propri contributi negli ultimi anni (in particolare la Norvegia). Sembra che questa richiesta sia collegata anche ai negoziati in corso volti a concludere un nuovo pacchetto bilaterale (“Bilateral III”) che consenta alla Svizzera di espandere il proprio accesso al mercato interno dell’UE. Presto sapremo cosa verrà realmente fuori da questi negoziati. Qualunque sia il risultato, sarà comunque utile analizzarlo in modo imparziale e, soprattutto, metterlo in prospettiva con l’aiuto extraeuropeo allo sviluppo della Confederazione o anche con il ritorno sugli investimenti per l’economia svizzera.