Belgio: verso una politica religioso-comunitaria?

Belgio: verso una politica religioso-comunitaria?
Belgio: verso una politica religioso-comunitaria?
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Accusato dai suoi detrattori di antisemitismo e di promozione della Sharia, il politico Fouad Ahidar è riuscito ad attirare un certo numero di elettori, soprattutto musulmani, in diversi comuni di Bruxelles. Questa nuova comparsa di una forma di Islam politico in Belgio, che avviene dopo altri tentativi inconcludenti, potrebbe essere a lungo termine.


In Belgio, le elezioni legislative federali del 9 giugno hanno rimodellato profondamente il panorama politico di parte del Paese, con un forte aumento dei movimenti di destra e di centrodestra.

Tuttavia, i risultati sono stati più contrastanti nella regione di Bruxelles. I socialisti mantennero la loro influenza lì ed emerse un partito precedentemente poco pubblicizzato: il Team Fouad Ahidar, che prende il nome dal suo leader, ex deputato socialista e inizialmente membro della Volksunie (partito nazionalista fiammingo ora sciolto).

Questa formazione si distingue per la capacità di competere con il partito socialista affrontando questioni comunitarie e religiose, come l’uso del velo nella pubblica amministrazione e nelle scuole, le mattanze rituali o la spinosa questione del conflitto israelo-palestinese. Il Team Fouad Ahidar ha ora tre seggi nel Parlamento della Regione di Bruxelles-Capitale e rivendica legittimamente un posto nell’esecutivo della regione, la cui costituzione è ancora in fase di negoziazione.

Le elezioni municipali belghe del 13 ottobre hanno confermato il successo del Team Fouad Ahidar, che ha superato il 10% in quattro dei diciannove comuni di Bruxelles e ha ottenuto seggi in cinque comuni. Il partito sembra quindi pronto ad affermarsi stabilmente nel panorama politico della capitale belga.

Non è la prima volta che in Belgio emergono partiti che difendono un programma parzialmente o interamente incentrato su questioni comunitarie e religiose. Il controverso Partito Islam del 2012 o il Partito dei Giovani Musulmani del 2004 ne sono esempi. Tuttavia questi gruppi, che attaccavano direttamente la secolarizzazione dello Stato, ottennero risultati elettorali solo marginali e scomparvero rapidamente dalla scena politica. I recenti successi del Team Fouad Ahidar hanno riportato le questioni comunitarie al centro dei dibattiti.

Diversità ed evoluzione del pluralismo religioso a Bruxelles

La questione comunitaria è progressivamente entrata nel dibattito pubblico in Belgio, e in particolare a Bruxelles, a seguito delle successive ondate migratorie che, a partire dagli anni Sessanta, hanno portato numerose persone provenienti da diversi paesi del mondo a stabilirsi nella capitale. Questa diversità è vista sia come un punto di forza che come una sfida nella regione, che ha sperimentato trasformazioni a livello culturale e religioso. Dal 2000, in questo Paese di circa 11 milioni di abitanti, più di 530.000 stranieri hanno acquisito la nazionalità belga e l’Islam è diventato la seconda religione del Paese.

A livello nazionale, la gestione di questa diversità ha suscitato numerosi dibattiti attorno all’idea di “accomodamento ragionevole”. Inizialmente, queste richieste di adeguamento avevano lo scopo di supportare le persone con disabilità implementando adeguamenti specifici. Oggi sono stati estesi ad altri ambiti, in particolare culturali e religiosi, e così facendo mettono in discussione il modello belga di società in termini di gestione delle particolarità individuali o collettive.

I casi più emblematici, ma anche i più controversi, riguardano la religione, in particolare le richieste di una parte della comunità musulmana (sala di preghiera sul posto di lavoro, uso del velo nell’amministrazione, macellazione rituale per esempio). Anche le polemiche del 1989 sull’uso del velo, verificatesi in Francia e poi in Belgio (in una scuola a Molenbeek), seguite dagli attentati dell’11 settembre 2001, hanno contribuito alla visibilità della religione, e dell’Islam in particolare, grande questione politica e sociale.

Una strada a Molenbeek, 17 settembre 2023. In questo comune, circa il 37% della popolazione è di nazionalità straniera (dati dell’Istituto di statistica e analisi di Bruxelles, IBSA).
Werner Lerooy/Shutterstock

Inoltre, le nuove realtà religiose e culturali in Belgio – ma anche in Europa – devono essere collocate nel contesto di un’evoluzione più globale iniziata negli anni ’60. Assistiamo quindi a una riaffermazione di quello che possiamo chiamare il “fondamentalismo” nel cristiano , protestante, ebraico o all’interno di altre correnti religiose derivanti dall’induismo, dal buddismo o anche non religiose, come l’ateismo (che si inserisce in una critica più radicale alle viti della religione).

È anche a partire dagli anni Sessanta che il panorama europeo si è evoluto sotto l’effetto di diverse ondate migratorie, in particolare a causa dell’arrivo di popolazioni provenienti da paesi musulmani che hanno messo in discussione le dinamiche di secolarizzazione della politica. L’immigrazione delle popolazioni arabo-musulmane avviene in un momento in cui il mondo musulmano si trova ad affrontare l’insediamento di attori islamici, tra cui i Fratelli Musulmani e i salafiti. Questi ultimi offrono una visione totalizzante della religione, secondo la quale la religione organizza e governa l’intera vita degli individui.

Un paesaggio associativo sotto influenza

Questi movimenti presero gradualmente piede in Europa in seguito all’esilio di molti dei loro leader, costretti a lasciare i paesi d’origine. Uno degli esempi più noti di questo esilio è senza dubbio quello di Saïd Ramadan, ex leader dei Fratelli Musulmani in Egitto e padre di Tariq Ramadan, che visse in Svizzera fino alla sua morte nel 1995.

Durante la loro fondazione, i movimenti islamici, in particolare i Fratelli Musulmani e gli islamisti turchi, hanno investito parte della comunità di Bruxelles e del settore associativo religioso, nonché alcuni movimenti giovanili e universitari), organizzando dibattiti sull’uso del velo e accomodamenti ragionevoli legati alle pratiche religiose (ad esempio la macellazione rituale), temi privilegiati.

La questione comunitaria e religiosa incontrata a Bruxelles non è ovviamente l’unico fatto dell’attivismo islamista; è favorito da un contesto più ampio. Da un lato osserviamo rivendicazioni identitarie di genere, convinzioni politico-religiose e identità professionali e non, più marcate rispetto a prima. D’altro canto, la società si è evoluta verso una concezione più culturale del razzismo, dove la differenza di trattamento, i pregiudizi e gli atti di odio si riferiscono più agli aspetti culturali o religiosi di una persona piuttosto che alle sue caratteristiche biologiche. Inoltre, l’influenza di questi movimenti è talvolta ampiamente fantasticata da attivisti o intellettuali vicini a correnti conservatrici o di estrema destra che non riescono a distinguere tra i produttori di un discorso (movimenti islamici) e gli attori che possono involontariamente o inconsciamente partecipare alla sua circolazione. Non si tratta quindi di negare l’esistenza di un’influenza, ma piuttosto di pensarla diffusa e capace di avere ripercussioni nel discorso e nella morale di individui che non sono direttamente legati a un progetto politico religioso.

Sulla scia di questa influenza, troviamo lobby che lottano contro l’islamofobia come il Collettivo per l’inclusione e contro l’islamofobia in Belgio (CIIB) (equivalente all’ex CCIF in Francia). Hanno una concezione molto ampia dell’islamofobia (inclusa la restrizione delle pratiche religiose in determinati contesti) e riconfigurano i confini di ciò che è percepito come discriminazione non distinguendo più l’individuo dalle sue pratiche religiose. Un esempio recente delle ripercussioni di questo discorso è il caso del ministro del Benessere animale di Bruxelles, Bernard Clerfayt, accusato di islamofobia perché si è espresso a favore della limitazione dell’uso del velo nella pubblica amministrazione o addirittura del divieto della macellazione rituale .

Questa visione è oggi condivisa e trasmessa da gruppi politici come il Team Fouad Ahidar, che mantiene stretti legami con il CIIB. Mobilitando temi religiosi, questa formazione tenta di rimodellare il rapporto tra religione e Stato e sembra imporre al futuro mandato di Bruxelles un’agenda politica segnata da istanze comunitarie. Sebbene il suo programma affronti una serie di temi socio-economici, le campagne clandestine guidate da questa formazione hanno alimentato dibattiti sulla comunità e sull’identità attraverso canali meno regolamentati, come WhatsApp.

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