Mirate dal governo a generare risparmi, le riduzioni degli oneri sociali sono comunque riuscite «produce risultati innegabili» si legge in un comunicato stampa firmato lunedì da tutte le organizzazioni dei datori di lavoro.
Tutte le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro, così come la FNSEA e l’Udes, si sono pronunciate lunedì contro la riduzione dei costi prevista dal governo per risparmiare nel bilancio della previdenza sociale.
Queste esenzioni “non sono un “regalo” alle imprese”sostengono queste organizzazioni in un comunicato stampa congiunto, poiché esse “contribuire a garantire un livello di salario minimo tra i più alti dell’OCSE come percentuale del salario mediano”.
Ridurre loro rappresenterebbe, secondo loro “Un ulteriore onere da oltre 5 miliardi di euro da sostenere” imprese, rifilatura “meccanicamente i loro margini”col rischio di provocare “distruzione del lavoro”in particolare per i dipendenti prossimi al salario minimo.
Preservare l’occupazione
Raramente il comunicato è firmato sia da Medef, dalla Confederazione delle PMI (CPME), dall’U2P (imprese locali), dalla Federazione nazionale dei sindacati degli agricoltori (FNSEA) e dall’Udes (Unione dei datori di lavoro dell’economia sociale e solidale).
Per questi ultimi, riduzioni delle tariffe “di cui beneficiano oggi le aziende per compensi fino a 3,5 SMIC” ont “produce risultati indiscutibili” preservando “occupazione, in particolare per le popolazioni poco qualificate”.
In particolare nei settori con “bassi rendimenti”Chi, “non avendo la possibilità di trasferire ai propri clienti (…) l’aumento delle loro tariffe, si troverebbero in difficoltà”temono le organizzazioni dei datori di lavoro.
“Il risanamento delle nostre finanze pubbliche è essenziale. Ma è la capacità delle nostre imprese di rimanere economicamente efficienti e di crescere che garantirà un’occupazione sostenibile”assicurano le organizzazioni dei datori di lavoro.
Aumento della concorrenza internazionale
Il progetto di bilancio per il 2025, attualmente all’esame dell’Assemblea nazionale, prevede di limitare e distribuire diversamente le riduzioni dei contributi dei datori di lavoro, attualmente fortemente concentrati a livello del salario minimo, nella speranza di ottenere nuove entrate e incoraggiare i datori di lavoro ad aumentare molto salari bassi.
Anche questo nuovo cocktail di riduzioni si fermerebbe a 3 SMIC, rispetto agli attuali 3,5 SMIC. Un limite inferiore che, per le organizzazioni datoriali “influirebbe sulla competitività e sulla sostenibilità delle imprese in un contesto di maggiore concorrenza internazionale”.
La riforma porterebbe, secondo il governo, almeno quattro miliardi di euro di nuove entrate.