Assassinio di Matisse: lontre contro barbari

Assassinio di Matisse: lontre contro barbari
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Rabbia, non odio

Facendosi sentire in colpa e alimentandoli al pentimento, i francesi hanno finito per rendersi conto che, da qualche parte, “meritavano questo”? Che meritavano di avere paura per le strade, di essere insultati, umiliati, attaccati e persino uccisi da fantasmatiche eterne “vittime” che si vendicavano sanguinose del loro abominevole passato? Possiamo purtroppo pensarlo quando vediamo i francesi, anche vittime o vicini a loro, sembrare più terrorizzati dall’idea di essere accusati di “fare il gioco dell’estrema destra” o di “praticare l’accorpamento” che dalle lame di i tagliagole.

Ma, ancora una volta, non si tratta di esigere l’applicazione della legge di Talion, ma semplicemente di rompere con il grottesco cerimoniale del bestiame da macello che piagnucola su ogni nuovo cadavere, per nominare chiaramente i colpevoli e i loro complici, per denunciare con fermezza le cause e per esigere – imporre – che vengano prese decisioni forti ed efficaci di fronte ad atti che non sono affatto il risultato di un destino imprevedibile e travolgente, ma il prodotto di una lunga serie di negazioni, vigliaccherie e rassegnazioni. Non sono quindi foto di lontre che i commercianti di Châteauroux avrebbero dovuto appendere sulle vetrine dei loro negozi, ma messaggi che chiedono giustizia esemplare, applicazione rigorosa della legge, fine del lassismo giudiziario e migratorio. Senza dubbio sarebbero stati meno applauditi dalla stampa, forse addirittura, in questo sistema in cui tutto è rovesciato, sarebbero stati perseguitati, addirittura imprigionati, come questi attivisti patriottici arrestati da una polizia improvvisamente diligente e implacabile per aver affisso manifesti che chiedevano “Giustizia per Tommaso”, un’altra vittima in una lunga litania. Ma almeno questo gesto avrebbe avuto senso, sostanza e certamente risonanza, spezzando il circolo terribile e insopportabile: omicidio, commozione, marcia bianca, nuovo omicidio.

Saverio Eman

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