“Nei Paesi Bassi dobbiamo ancora abortire”

“Nei Paesi Bassi dobbiamo ancora abortire”
“Nei Paesi Bassi dobbiamo ancora abortire”
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“Con questa azione abbiamo voluto commemorare gli “autobus delle donne” che, negli anni ’70, consentivano alle donne di recarsi nei Paesi Bassi per accedere a un aborto sicuro. Ma l’obiettivo è ancora di più ricordare che la legislazione attuale obbliga ancora molte donne – 371 nel 2021 – a recarsi nei nostri vicini olandesi per abortire perché è stato superato il termine legale delle 12 settimane. Per non parlare di quelle costrette a portare avanti una gravidanza indesiderata (riconosciuta anche come violenza dal Parlamento europeo)”, spiegano le organizzazioni aderenti alla piattaforma Abortion Right.

Arrivate di fronte al Palazzo di Giustizia, in Place Poelaert, le attiviste sono scese dall’autobus con i bagagli e un tulipano olandese in mano, oltre a una sciarpa viola (simbolo della lotta globale per la giustizia di genere) al collo. Sono state poi pronunciate una serie di potenti testimonianze, che raccontavano le esperienze di chi sfida l’illegalità per esercitare all’estero un diritto fondamentale che lo Stato belga si rifiuta di riconoscere.

“Le storie che raccontiamo, di persone che potrebbero essere incinte, rivelano una realtà inaccettabile alla quale i parlamentari devono reagire”.

Questa azione segue l’invio di cartoline circa dieci giorni fa. [3] dai Paesi Bassi ai 150 parlamentari neoeletti. Sul retro di queste cartoline erano scritte toccanti testimonianze di donne* costrette ad abortire in questo Paese a causa della legislazione restrittiva vigente in Belgio e invitavano i parlamentari a unirsi alla mobilitazione che si è svolta di fronte al Palazzo di Giustizia.

“Tra il sollievo di essere sfuggite a una gravidanza indesiderata dopo essere sopravvissute alla violenza, la sensazione di essere trattate come criminali, l’indignazione per l’ipocrisia politica e la preoccupazione per coloro che non possono permettersi di viaggiare all’estero, le storie di tutte quelle che probabilmente saranno incinte che raccontiamo rivelano una realtà inaccettabile e una realtà a cui i parlamentari devono reagire”, insistono le organizzazioni.

Di fronte a questa situazione, la piattaforma Abortion Right invita i parlamentari a porre fine a queste ingiustizie e a riconoscere finalmente l’accesso all’aborto come un diritto fondamentale, senza condizioni, discriminazioni o sanzioni.

“Da oltre un anno chiediamo ai parlamentari di attuare, senza ulteriori indugi, almeno le raccomandazioni del rapporto commissionato dalla maggioranza Vivaldi e redatto da 35 esperti”, affermano le organizzazioni. Questo rapporto afferma un consenso scientifico su 25 raccomandazioni essenziali per migliorare l’accesso all’aborto, tra cui: il riconoscimento dell’aborto come assistenza sanitaria; l’estensione del termine legale a 18 settimane; l’abolizione delle sanzioni penali contro le donne; la rimozione del periodo di riflessione obbligatorio.

“La pubblicazione di questo rapporto avrebbe dovuto segnare una svolta decisiva nel cambiamento della legge; tuttavia, non è stato così. Oggi, è dovere dei parlamentari adottare il più rapidamente possibile un disegno di legge che, come minimo, segua le raccomandazioni del rapporto degli esperti, che non solo decriminalizzi completamente l’aborto, ma rimuova anche tutti gli ostacoli e le discriminazioni che persistono nell’accesso a questo diritto fondamentale. Ogni giorno che passa senza cambiamenti sostanziali a questa legge è un insulto ai diritti umani, in particolare a quelli delle persone più vulnerabili che continuano a pagare il prezzo di questa lentezza”, concludono le organizzazioni.

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