In Francia il successo crescente dei wine bar

In Francia il successo crescente dei wine bar
In Francia il successo crescente dei wine bar
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MARIA MEDEM PER LA RIVISTA M WORLD

Da più di vent’anni vive a “l’undicesimoe » della capitale, Alice non si è mai privata di un piccolo wine bar, per il piacere di un drink tra amiche. Ma, ora, diventerebbe quasi un must: “Mi sembra che non ci sia più niente altro, a ogni angolo di strada! Come se ne aprisse uno nuovo ogni settimana.” E un altro ancora, a due passi da lì, il Fitzcaraldo. È l’ultimo arrivato nella grande famiglia di Chambre Noire, locali metà cantina e metà bar, 100% alla moda, con un arredamento minimalista, che si stanno diffondendo nel quartiere nord-orientale di Parigi.

Questo ultimo venerdì sera di agosto, Milan, architetto di 44 anni, si ritrova lì un po’ per caso con la sua “amici” intorno ad una bottiglia di “notte degli animali domestici” (spumante naturale), perché il wine bar accanto è già “corazzato”. Paloma ed Euphrasie, fotografe freelance trentenni, sono venute per l’atmosfera “salotto, dove tutti parlano con tutti.” In realtà non si erano nemmeno posti la domanda: “Oggigiorno tutti vanno nei wine bar, giusto?”

Ciò accade sempre più spesso nei grandi centri cittadini dove queste attività sono in piena espansione, oltre che nelle zone vitivinicole dove contribuiscono a un’offerta enoturistica più tradizionale. Quante ce ne sono nel Paese? Impossibile saperlo, a causa della mancanza di un censimento ufficiale. Lo studio pubblicato a luglio dall’agenzia Businesscoot evidenzia “crescita impressionante tra il 2010 e il 2020” e propone la cifra di duemila per l’intera Francia (rispetto alle cinquecento del 2005), ma il dato resta incerto a causa della frammentazione del mercato, composto essenzialmente da piccoli operatori indipendenti, con economie spesso fragili. Quando interrogata, l’UMIH, l’organizzazione dei datori di lavoro che rappresenta il settore alberghiero e della ristorazione, si riferisce semplicemente al numero di esercizi di ristorazione – trentacinquemila in Francia – che includono caffè, bar e persino night club.

La possibilità di fare uno spuntino

Va detto che la tipologia non è così semplice da definire: “Cosa distingue un wine bar da un bar che serve vino?” si chiede Pierrick Bourgault, giornalista di “bistrologia”. Alcuni elementi caratteristici, almeno: una vasta gamma di vini, con servizio al bicchiere e possibilità di stuzzicare (a differenza di una cantina), e molto spesso un proprietario appassionato. Per il resto, ce n’è per tutti i palati e per tutte le atmosfere: ci sono wine bar dove si sta in piedi contro una botte, cantine da pranzo con posate apparecchiate, e “enoteche”, specializzate in vini della Borgogna o della Georgia; ci sono quelle dove il vino è servito alla spina e quelle che stappano grandi annate, quelle dove ci si diverte con l’hip-hop e quelle dove si invitano i propri data, chi gareggia nell’arredamento berlinese e chi abbina un gelato o Taqueria, coloro che hanno una licenza IV contro coloro che non ce l’hanno. In effetti, ce ne sarebbero all’incirca tanti quanti sono i proprietari: “Sembra di classe definirsi un wine bar, ma significa un po’ di tutto e niente, ci sono così tante identità diverse,” riassume Etienne Lucan, da Vino a Verde (Parigi 9e).

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