Libro italiano –
Francesco Erbani denuncia la mancanza di soldi pubblici per la cultura
Il Paese fornisce scarsamente i suoi “beni culturali”. L’autore ne parla su “Le Journal de l’art”. Riassumo per voi le sue controverse osservazioni.
Pubblicato oggi alle 11:21
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“Mancanza di personale”. Mancanza di personale. Queste tre parole tornano come una litania nei musei italiani, soprattutto nel Sud del Paese. Si trovano naturalmente nella polemica opera “Lo stato dell’arte”, pubblicata da Francesco Erbani presso le Edizioni Manni. L’autore intende approfondire “i vizi, le virtù e la gestione pubblica dei beni culturali”. I vizi, soprattutto! Non intendo parlare di libri usciti in lingua straniera, soprattutto se non li ho letti. Tuttavia, ci sono pochissime possibilità che, saldamente ancorato al suolo nazionale, un giorno esca in francese. “Le Journal des arts” ne parla questo mese solo nella misura in cui il numero di oggi è dedicato all’Italia. Ciò ovviamente ha dato l’occasione di interrogare Francesco Erbani. I suoi commenti, che vi sintetizzerò con qualche estrapolazione, sono stati raccolti da Olivier Tosseri, corrispondente in loco del quindicinale francese.
“Nel 2020 l’Italia ha stanziato 4,9 miliardi di euro per la cultura. Sono poco meno dei 5 miliardi della Spagna e molto lontani dai 15,3 miliardi della Germania e dai 16,6 miliardi della Francia».
Francesco Erbani
Erbani, che ha già scritto molto sul sistema culturale transalpino, ha 68 anni. Inutile dire che conosce l’argomento. La prima cosa che lo preoccupa è la mancanza di soldi. Anche se il suo Paese vive in gran parte dei suoi musei, delle sue chiese e dei suoi vari monumenti, riserva un budget molto ridotto al suo Ministero della Cultura, creato appena cinquant’anni fa. “Nel 2020 l’Italia ha stanziato solo 4,9 miliardi di euro. Sono poco meno dei 5 miliardi della Spagna e molto lontani dai 15,3 miliardi della Germania e dai 16,6 miliardi della Francia”. Normalmente, in Europa, la somma rappresenta circa l’1% del budget totale. In Italia è 0,7, il livello di Portogallo e Grecia. Anche a Francesco Erbani non piacciono i termini “beni culturali” che gli restano legati. Danno al pubblico l’idea di una merce. Detesta anche l’idea, molto presente con il governo di Giorgia Meloni, di un ruolo identitario della cultura “riscrivendo la narrativa storica nazionale”.
Il problema peggiore, però, resta la mancanza di personale a tutti i livelli. Se non è troppo visibile ai turisti è a causa del ricorso a lavoratori precari assunti a salari estremamente bassi (1). “Secondo i dati del 2020, c’è una carenza del 32% del personale di sicurezza, mentre il 77% degli agenti in servizio ha più di 55 anni”. L’età avanzata ritorna ripetutamente durante l’intervista. “Manca il 36% della forza lavoro, con il 60% di storici dell’arte, archeologi o architetti di età superiore ai 55 anni”. Nessun sollievo, quindi. “All’interno della Direzione Musei la situazione è ancora peggiore, con un deficit di personale che si avvicina al 60% e raggiunge il 70% tra i responsabili delle procedure di spesa”. Quindi, come avrete intuito, un numero preoccupante di lavoratori temporanei o di doppie posizioni.
Come in Francia, dove la situazione si rivela spesso simile (cosa che il “Journal des arts” non dice, essendo la situazione presumibilmente nota ai suoi lettori), il Ministero passa di mano in mano. Ma qui si aggiunge una voglia perpetua di modifiche che vadano “fischiando” dopo aver creato polemiche incredibili. “Dal 1998 ai primi mesi del 2024, il Ministero della Cultura ha subito quindici riforme che sono servite solo a mettere un po’ più di stress su una struttura a corto di personale.” Occorre porre rimedio a queste carenze, ma “i concorsi per i nuovi assunti restano estremamente rari”. Siamo quindi di fronte a “una macchina che gira a vuoto”. “L’intero sistema è sull’orlo del collasso”. Nessun ministro ha avuto il coraggio di battere il pugno sul tavolo. “È come se il ministro dell’Economia dovesse operare senza preoccuparsi di un debito incontrollabile”. Parole infelici secondo me quando hai di fronte un giornalista francese…
“Meno di tre italiani su dieci entrano ogni anno nei musei e nelle biblioteche”.
Francesco Erbani
Francesco Erbani critica anche la mercificazione della cultura, l’ossessione per le presenze e l’affitto dei luoghi pubblici. Cose, si dice tra noi, molto presenti anche in Francia. Infine, sottolinea il fatto che gli stessi italiani raramente visitano i loro musei, e ancora meno spesso le loro biblioteche. “Meno di tre italiani su dieci entrano ogni anno in questo tipo di luoghi culturali”. Il turismo diventa improvvisamente la ragion d’essere del patrimonio, con i rischi di abuso a cui può portare (2). “Le Journal des arts” completa comunque il suo dossier con buone notizie. È necessario. Ha riaperto il “corridoio Vasariano” agli Uffizi di Firenze. Roma ha un nuovo polo museale situato sul Corso. C’è anche molto da fare ovunque, come a volte ripeto. La situazione sarebbe rimasta normale nella sua anormalità?
(1) Per molto tempo, nel dopoguerra, ricordo che le guardie erano ex feriti di guerra.
(2) Francesco Erbani dà come prova che Venezia ha riaperto i suoi musei molto più tardi rispetto ad altre città italiane dopo il Covid, a causa “dell’assenza di turisti”. Ti ricordo però che la città conta complessivamente 50.000 abitanti, anche loro con età decisamente superiore ai 55 anni. La malafede è parte della controversia.
Pratico
“Journal des arts”, numero 646, dal 3 al 16 gennaio 2024.
“La settimana di Etienne Dumont”
Ogni venerdì trovate le notizie culturali tratte dal famoso giornalista.
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Nato nel 1948, Etienne Dumont studiato a Ginevra che gli furono di scarsa utilità. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si dedicò al giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Maggiori informazioni
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