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Libro: Jean-Charles Giroud recita con il ginevrino Noël Fontanet

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Libro

Jean-Charles Giroud recita con il ginevrino Noël Fontanet

Un’opera altamente illustrata racconta la storia del pubblicitario e dell’uomo di estrema destra che segnò il panorama locale negli anni ’30.

Pubblicato oggi alle 16:18

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Il nome rimane noto a Ginevra e nei suoi immediati dintorni. Per quanto riguarda il nome, le cose sembrano meno scontate. Dal Natale, che ora è oggetto di un bellissimo libro, suo figlio Guy Fontanet, con il fisico da toro, è al Consiglio di Stato. Nuora di Guy, Nathalie presiede da quest’anno lo stesso esecutivo, dove porta un po’ di biondo. Ho conosciuto anche altri due figli di Noël, Hugues l’antiquario, e soprattutto Jean-Claude, lo scrittore di successo ormai dimenticato. Basti dire che chi non lo sapesse si perde tra i rami dell’albero genealogico, dove il cartellonista funge da nucleo comune. È stata necessaria l’erudizione di Jean-Charles Giroud, ex direttore della Biblioteca di Ginevra, per sgombrare il terreno. Molte delle opere di Noël Fontanet restano da trovare. Il catalogo ragionato proposto alla fine del volume comprende circa 400 numeri (il metodo di calcolo adottato resta poco chiaro) dei circa 1400 (o addirittura 1700!) pezzi che l’uomo affermava di aver realizzato alla fine della sua vita.

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Fontanet era inizialmente un immigrato italiano di seconda generazione. Nato il 24 dicembre 1898, da qui il suo secondo nome, Savino Fontaneto fu una di quelle persone che si integrarono così bene nel paese ospitante da finire per diventare più realisti del re a causa della xenofobia. Naturalizzato nel 1930, il grafico si dedicò rapidamente a un nazionalismo esacerbato durante quella che fu chiamata, a seguito di una famosa serie di trasmissioni per la TSR di Claude Torracinta, “Le temps des passions”. Dopo gli inizi socialisti, adottò una destra sempre più estrema, seguendo il suo amico “ultra” Georges Oltramare prima della guerra. Ginevra si è poi ritrovata divisa in due, con “i rossi” nell’altro campo guidato da Léon Nicole e Jacques Dicker (il cui pronipote si chiama Joël Dicker). Il culmine fu raggiunto durante la sparatoria del novembre 1932, ma poi ci fu il governo della sinistra, poi quello della destra. Negli anni ’30 a Ginevra si assisteva a un forte movimento politico, mentre le casse dello Stato restavano vuote.

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In gran parte autodidatta, al punto che completò la sua formazione sul lavoro con un breve stage a Parigi, Noël Fontanet iniziò negli anni ’20 a produrre soprattutto spot pubblicitari. L’aspetto polemico, che verrà dopo, copre appena un quarto dell’opera conosciuta. Il nostro era anche vignettista, lavorando in particolare per “Le pilori”, giornale locale spesso antisemita (1). A differenza di molti suoi colleghi locali (da Henri Fehr a Jules Courvoisier), non intraprese una carriera parallela come pittore. Per lui il manifesto costituisce una vocazione primaria, con ciò che si suppone sintetico. Un’immagine semplice, perché stilizzata. Grafica chiara ma di qualità. Un messaggio sorprendente perché viene ricevuto come un pugno. L’Art Déco allora in voga facilitava l’unione di queste tre qualità. Vale anche la pena di notare (cosa che Jean-Charles Giroud non fa) che Fontanet non riuscirà mai a uscirne. Il dopoguerra, però, predilige altri stili. Il nostro artista si ritrovò così in ritardo intorno al 1950, poi francamente inattuale negli anni Sessanta, quando era diventato il leader di Vigilanza, il nuovo partito di estrema destra.

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Prima di allora c’era stato eccellente, buono e nella media. Lavorando su un cantiere molto piccolo, anche se ha ricevuto qualche ordine da Neuchâtel o dalla Svizzera tedesca, Noël Fontanet ha dovuto accettare tutto e quindi qualsiasi cosa. In altre parole, lavori offerti da clienti al verde o dal gusto discutibile. La cosa è evidente nel risultato. Se il manifesto dell’Horse Show del 1930 costituisce un capolavoro degno di qualsiasi museo, se quello per l’Atelier des Charmilles resta un prodigio d’invenzione, nel catalogo ragionato ci sono molte cose innominabili. Il loro attuale rifiuto non deriva dal loro carattere politico o sociale (i nove manifesti successivi contro il suffragio femminile, per esempio), ma dalla loro povertà di immaginazione e di esecuzione. Fontanet spesso ricicla una vecchia idea per mancanza di tempo semplificando la forma e raffazzonando la stampa. Dopotutto il tempo è denaro!

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Jean-Charles Giroud ripercorre con grande sapienza questo lungo percorso, terminato con il prosciugamento intorno al 1970. Gli appassionati sanno anche che rimane il più grande conoscitore del manifesto svizzero insieme a Jean-Daniel Clerc, il regista di Eaux-Vives del formidabile galleria specializzata “Un deux trois”. Il lato stilistico si mescola così con gli aspetti biografici, che qui risultano molto importanti. L’autore sa staccare i pezzi chiave da quelli che fanno quadrare i conti. Soprattutto può collocare Fontanet ai suoi tempi, che segna la seconda apoteosi del manifesto svizzero dopo i fuochi d’artificio degli anni Dieci. Il Ginevran non ha quindi nulla a che vedere con ciò che si creava nello stesso periodo a Basilea o talvolta a Zurigo già con la fotografia stampata. Resta più vicino alla Francia di Charles Loupot e soprattutto a Cassandre. Anche dall’Italia di Mussolini, che ammirava da lontano. Quindi un lato inevitabile nel nostro tempo in cui è opportuno rimanere moralmente bianchi come la neve, anche se alcuni passano attraverso le gocce (o in questo caso i fiocchi). La cosa più sorprendente per Giroud è constatare che se c’è un discendente diretto di Fontanet a Ginevra, si tratta consapevolmente dell’estrema sinistra Exem. L’uomo del polpo tentacolare. Ma del resto, se la politica conosce i suoi colori, la grafica costituisce innanzitutto un design.

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(1) Fontanet ha tuttavia realizzato per molto tempo bellissimi manifesti per tutti i grandi magazzini ginevrini appartenenti a famiglie ebree. E distribuirà cartelli per i socialisti sotto falso nome…

Pratico

«Noël Fontanet, maestro del manifesto svizzero» di Jean-Charles Giroud, edizioni Slatkine, 262 pagine. Stai attento, libro pesante!

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Nato nel 1948, Etienne Dumont studiato a Ginevra che gli furono di scarsa utilità. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si dedicò al giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Maggiori informazioni

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