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Amélie Nothomb esprime il suo amore eterno per il Giappone in un nuovo libro di confessioni

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L’autore di Stupore e tremori esplora quattro “vie” che costituiscono l’identità della cultura giapponese: quelle dei kami, del buddismo, dei guerrieri e dell’eleganza. Questo viaggio si realizza sotto forma di lunghe interviste, principalmente con Laurine Amanieux, specialista in miti, realizzate in luoghi diversi: i giardini giapponesi del Museo Albert-Kahn, a Boulogne-Billancourt, il Museo parigino delle arti asiatiche-Guimet , un santuario a Tokyo o addirittura, per la prima volta, a casa a Parigi.

Un interno è quasi “ascetico“, nota il suo interlocutore. “Non c’è, per così dire, nienteammette. Per scrivere, per me non c’è niente come un interno zen, niente distrae l’attenzione“. Niente poltrone, niente tavoli, niente sedie. E nemmeno una scrivania perché”ce sarebbe del tutto contrario allo spirito dello Zen fornire un luogo adatto alla scritturaQuindi è seduta su uno sgabello che, ogni mattina dalle 4, scrive a mano in ginocchio.

Zen, che, contro il bisogno di sicurezza, difende l’idea di insicurezza per favorire l’arrivo di “l’illuminazione“, è uno degli elementi della cultura giapponese affrontati in quest’opera. Amélie Nothomb parla anche dei kami, questi spiriti divini e soprannaturali che, secondo lo Shintoismo, un insieme di pratiche culturali, popolano la natura. Il confine tra il mondo del dei vivi e dei morti è quindi molto meno inattaccabile che nel pensiero occidentale. La scrittrice racconta ancora la sua fascinazione per l’arte buddista o per l’haiku, questa breve poesia che tocca l’essenziale.

E poi confida il suo amore per il no, quest’arte teatrale unica nata nell’era dei samurai. Suo padre è stato anche il primo non giapponese al mondo a cantarla a livello professionale. Quando, a 3-4 anni, lo sentì per la prima volta, rimase traumatizzata, chiedendosi se fosse malato! All’epoca preferiva i racconti, e soprattutto quello della principessa Kaguya, la cui eroina, non umana, si sente diversa, come lei stessa ha sempre sentito. Al di là del fallimento nel suo desiderio di essere giapponese, osserva, “anche quando volevo diventare un normale belga in Europa, ho sempre avuto la sensazione che qualcosa non andasse T“.

Amélie Nothomb, “Giappone eterno”, Albin Michel, 352 p.