Libro –
Possiamo ancora leggere, ascoltare o vedere l’opera di “Montres”?
Claire Dederer firma un lavoro molto americano sulla separazione possibile o impossibile tra l’opera e l’artista.
Pubblicato oggi alle 18:14
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I romani avevano la “damnatio memoriae”. Era una condanna all’oblio, già pronunciata davanti a loro dai faraoni. Oggi gli americani stanno sviluppando la “cultura dell’annullamento” senza ammetterlo. Non dimentichiamo che per la stampa di sinistra il “wokismo” è un mito. Tuttavia, non passa settimana senza che un artista, una star dello “spettacolo” (che molto raramente è un artista), un politico o un atleta venga condannato alla diffamazione. Si tratta quasi sempre di uomini e il movente risulta sempre essere sessuale. L’antisemitismo o la politica sono molto meno preoccupanti. Il pantheon delle glorie consacrate trema oggi nelle sue fondamenta. Chi sarà il prossimo ad essere abbattuto come lo sono ancora oggi le statue? Vi ricordo qui… per cronaca delle vicende del busto di Carl Vogt a Ginevra e della scultura raffigurante David de Pury (che è pur sempre di David d’Angers!) a Neuchâtel.
Un nuovo libro su questo argomento è stato appena pubblicato in traduzione da Grasset. “The Monsters” viene da Claire Dederer, che è americana. Non avevo mai sentito parlare dell’autore, che il retro di copertina presenta come “una figura essenziale nel dibattito pubblico negli Stati Uniti”. Lanciato nel 2023, “Monsters” costituirebbe quindi un fenomeno librario, che resta da controllare. Sempre empatico. Mai dogmatico. Va detto che Claire conduce la sua vicenda come una conversazione sviluppata con il lettore, o più probabilmente con il lettore. Il tono di fiducia gli permette di non prendere tutto come tragico. Il suo lavoro, tuttavia, resta basato su una triplice colpa che si scopre attraverso le pagine. Claire ammira il lavoro degli uomini (e talvolta delle donne) che tuttavia vede come mostri. Critico cinematografico del “New York Times”, ritiene che il suo lavoro le abbia impedito di prendersi cura adeguatamente dei suoi figli (qui raggiungiamo Mona Chollet). Ha finalmente un passato da alcolizzata per il quale sembra volersi scusare con il suo pubblico.
“Forse anch’io vengo da te segnata dalla mia stessa macchia: essere una femminista bianca e borghese. Forse pensi che le mie soluzioni siano tipiche di una persona della mia categoria”.
Claire Dederer
Tutto inizia con Roman Polanski, un caso da manuale negli Stati Uniti. Analizzando i suoi film, che deve considerare come quelli di uno stupratore di una ragazzina appena pubescente, Claire Dederer li trova formidabili. Una cosa che prova di sfuggita che deve essersi dimenticata di guardare l’ultimo, “Palace” del 2023. Cosa fare, quando l’autore si ritrova segnato da una “macchia”, per usare il titolo profetico di un romanzo di Philip Roth pubblicato nel 2000? Una cosa da Lady Macbeth di cui anche Claire porta lo stigma, come spiega a pagina 69 (“anno erotico” per Serge Gainsbourg, che finora è passato tra le gocce). “Forse anch’io vengo da te segnata dalla mia stessa macchia: essere una femminista bianca e borghese. Forse pensi che le mie soluzioni siano tipiche di una persona della mia categoria”. Ah, questi intellettuali, così felici di immergersi in un senso di colpa che dà loro l’impressione (quasi scrivevo “l’illusione”) di essere intelligenti… Li picchieremmo, se non desse loro tanto piacere.
Polanski ovviamente non è l’unico problema. Da notare a questo proposito che la lista di Claire Dederer resta molto anglosassone. Non si parla mai di Gérard Depardieu, anche se anche “Gégé” ha girato alcuni film oltre Atlantico. Né i libri di Céline, l’America non ha problemi di occupazione da nascondere sotto il tappeto. Si noti che c’è ancora la questione Richard Wagner. Tra le persone che l’autore mette sotto i riflettori ci sono Pablo Picasso, partner mostruoso anche se due delle sue mogli si suicidarono dopo la sua morte, JK Rowling, l’anti-trans, Michael Jackson, il pedofilo, Paul Gauguin, innamorato della polinesiana ninfette, Woody Allen ovviamente, Ernest Hemingway, il “macho” violento, o Doris Lessing, che abbandonò i suoi figli. Una donna che trascura la propria prole è infatti la controparte femminile dello stalker. Qui non c’è più un attacco al sesso, ma al genere. Si può ancora parlare di “mostruose”? Secondo Claire, “mostro” rimane una parola maschile.
Nel suo libro molto (troppo lungo), Claire ha anche pagine per Valerie Solanas, colei che cercò di uccidere Andy Warhol, per Sylvia Plath, che finì per suicidarsi, o per Ana Mendieta, un’artista visiva cubana che suo marito Carl Andre probabilmente defenestrato (1). Vittime. In fondo non si tratta di giudicare e quindi di decidere dopo aver soppesato le cose? L’opera è distinta dal suo autore oppure no? Notiamo a questo proposito che l’influenza biografica riguarda solo la creazione recente. Difficilmente si tratta di autori antichi, dei quali spesso non conosciamo molte informazioni intime. Non ci sono enigmi se non c’è conoscenza. E poi il tempo finisce comunque per fare la sua opera… Lodato e quasi troppo spesso esposto, Caravaggio era dunque un personaggio invisitabile. Ora, sintomaticamente, Claire Dededer non parla mai dell’italiano, morto nel 1610.
Ma quali sono le conclusioni dell’autore? Mi sembravano tutte circonvoluzioni. Mentre Laure Adler, che potrebbe essere considerata l’equivalente europeo di Claire, ha appena dichiarato in un’intervista alla stampa (2) di disapprovare la possibile scomparsa dei film di Roman Polanski o Woody Allen, Claire tergiversa. Da un lato, non deve necessariamente esserci una “relazione virtuosa” nel rapporto con gli altri. D’altro canto, il consumatore di cultura può introdurre una moralità legittima di cui il sistema capitalista resta privo. Seguono alcuni paragrafi in cui la donna si dibatte un po’ nella lettura di Guy Debord. Dopotutto è un’accademica. Purtroppo tutto porta a un vicolo cieco. “Non esiste una risposta giusta”. “Non esiste un’autorità superiore e non dovrebbe esserci.” Il grande rischio è “l’ipocrisia”. Personalmente aggiungerei a volte (ma non qui) stupidità soddisfatta. Ma la scrittrice qui è Claire Dederer.
(1) Vi ho parlato quest’estate della retrospettiva di Ana Mendieta al Museo delle Belle Arti di La Chaux-de-Fonds. Un successo.
(2) L’ho letto a fine novembre su “T”, il supplemento semi-pubblicitario di “Temps”.
Pratico
“I mostri” di Claire Dederer, tradotto da Carine Chichereau, Edizioni Grasset, 346 pagine.
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Nato nel 1948, Etienne Dumont studiato a Ginevra che gli furono di scarsa utilità. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si dedicò al giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Maggiori informazioni
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