Il video prende il suo posto, salutando l’insolito: “Decide di radere al suolo un’area autostradale, di piantare lì una capanna. Una selce per tagliare il nulla. Nessuno si ferma a guardarlo lavorare, pianta il suo parasole nell’erba.”
La fuga riprende con prepotenza, in dipinti pieni di luoghi, città e partizioni, cucine e bar, sempre legati da richiami, soste e ferite.
“La mia penna perdeva acqua, le mani piene di lividi, tiro fuori la lingua, dico parole, parlo, sbavo dalla penna, perdo.” “Mestieri che non esistono fanno versare molto inchiostro”, scrive Hugo, che si definisce un “poeta d’attacco all’avanguardia”. La sua attività non si limita a poche opere pubblicate ma si estende altrove, a volte lontano, tornando sempre a questo angolo di strada, a casa.
“Mio confine, mia linea, quando una delle mie narici tocca il Belgio e l’altra la Francia, starnuto sui vostri negozi girovaghi, sulle gabbie per friggitorie, sui dieci locali notturni in fila, sulle pompe di benzina, sui silenzi lirici, sulle usanze perdute diventate bar da affittare o da radere al suolo una pizzeria per racimolare qualche soldo.”
“Uscire dall’immagine”, Hugo Fontaine, edizioni Gros Textes, 6€
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