Libro –
Il decoratore Richard Peduzzi parla con il giornalista Arnaud Laporte
In “Percussioni, discussioni”, lo scenografo di Patrice Chéreau si racconta a margine della sua mostra al Mobilier National.
Pubblicato oggi alle 20:34
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È un libro delle circostanze abbinato ad una sorta di pacco regalo. Si tratta di rimarcare l'occasione due volte con la mostra di Richard Peduzzi al Mobilier National. Un'istituzione con cui lo scenografo collabora dal 1988. Sedute in generale, tanto per dimostrare che Le Havre occupa ormai un posto ben consolidato nella casa. Mi limiterò qui alla raccolta delle interviste al giornalista radiofonico Arnaud Laporte. Raggruppate sotto il nome “Prospettive”, le cartoline raffiguranti le opere di Peduzzi mi sono cadute dalle mani quando ho aperto la scatola, senza che ci fosse alcuna intenzione maligna. Non mi aspettavo una trovata simile da parte di Actes Sud. Tieni presente che potrò inviarli ad alcuni amici per Natale.
Intitolata “Percussioni, discussione”, l'opera principale è presentata sotto forma di dialogo. Siamo amici da molto tempo. Arnaud improvvisamente conosce Richard grosso quanto un braccio. Basti dire che nell’era dell’inclusività, il lettore si sente un po’ escluso dall’argomento. Forse non conosce a fondo l'ex decoratore di Patrice Chéreau, poi di Luc Bondy. Il primo è morto prematuramente nel 2013, il secondo, più anziano, nel 2015 a Zurigo. Da allora il teatro ha preso altre strade, che senza dubbio sembrano deviazioni. Oggi giuriamo solo su Milo Rau o Romeo Castellucci. Non importa se con loro è scomparso il rispetto per il testo. Chéreau amava ancora i classici. Oggi si vedono fatti a pezzi, ma purtroppo non sempre in teatro.
Peduzzi è nato a Le Havre nel 1943. Da adolescente ha rischiato di finire male tra le rovine della città bombardata. L'arte lo raggiunse a malapena. Qualcosa che deve piacere ad Actes Sud. Questa casa gestita da ricchi si offre così il piccolo brivido di una marginalità che la riguarda da lontano. Il principiante divenne ben presto il collaboratore di Chéreau, che poi apparve come la rivelazione della scena francese in attesa di scuotere l'albero di cocco a Bayreuth. La loro compagnia continuò, non senza intoppi o disaccordi. Lo scenografo ha sempre saputo trovare ciò che stimolasse l'uomo stesso tentato dalla pittura. Allo stesso tempo esistevano anche ambienti museali ed espositivi. Peduzzi lavorò così per Orsay, ma anche per il Grand Palais e il Louvre. L'ex libertario divenne così un gentiluomo molto ufficiale, finendo per dirigere Villa Medici a Roma.
Nel corso di circa 180 pagine, l'uomo si apre ad Arnaud Laporte di France Culture. Basti dire che il dibattito salirà molto in alto. Si tratterà solo di artisti che restano grandi pittori, di autori che si rivelano grandi scrittori per l'eternità e di musicisti che restano grandi compositori. Flaubert, Courbet, Wagner… Non un passo fuori dall'ordinario. Mi sarebbe piaciuto un po' di dissenso. Non conosco me stesso. San Antonio, Murakami o il signor Pokora. Ebbene no! Rimaniamo con France Culture, con l'autorità comprovata e i riferimenti letterari che ciò implica. Il libro appare quindi molto poco orale. Profuma di rilettura, e quindi di riscrittura. Ma forse mi sbaglio. La discussione indubbiamente ne guadagna, soprattutto in chiarezza. Per quanto riguarda le percussioni, invece, rimango meno sicuro. Tutto questo rimane davvero molto fluido.
Pratico
“Percussioni, discussioni”, Richard Peduzzi con Arnaud Laporte, pubblicato da Éditions Actes Sud, 183 pagine.
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Nato nel 1948, Etienne Dumont studiato a Ginevra che gli furono di scarsa utilità. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si dedicò al giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Maggiori informazioni
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